La solitudine di Francesco

Pubblichiamo questo articolo della giornalista Lucia Annunziata come testimonianza del punto di vista di un laico sulla strage di cristiani che si sta perpetuando nel mondo.

di Lucia Annunziata

La solitudine di Francesco, il silenzio della sinistra sui cristiani

Sinistra dove sei? No, non intendo parlare delle polemiche sull’Italicum, non faccio riferimento a nessuna minoranza, e non sto chiedendo conto delle varie denominazioni pro e contro Renzi.

Mi chiedo dove sia la Sinistra, con la S maiuscola, quell’ampio schieramento sociale che è tale perché ha una storia e dei principi, perché è fuori dalle gabbie e dalle beghe delle quotidianità, che ama se stesso perché ama il suo senso della giustizia.
Dov’è in questo momento di fronte al più terribile dei crimini perpetrati oggi contro i deboli?

Parlo, si, delle stragi di cristiani che bagnano di sangue tante terre del mondo. Perché non ricevo appelli da firmare (eppure me ne inviano di ogni tipo)? Perché nessuno promuove non dico una manifestazione ma un sit-in, o una qualunque riunione? Non all’uditorium, non all’Ambra Jovinelli, ma nemmeno in un padiglione qualunque di periferia, o in una piazza storica occupata dalla Cgil o dalla Fiom. Nulla.
Non sento slogan, non arrivano documenti, né appelli, né proposte di sottoscrizione.

Non se ne parla nei talk show, non parliamo dei talent o di Amici. La Tv è altrove, lo sappiamo, soprattutto noi che ci lavoriamo.
Ma nemmeno c’è la fila, qui, dentro questo ufficio dell’ HuffPost, di giovani e ambiziosi giornalisti che vogliono “dare voce”, come si ama dire, a questi nuovi deboli e indifesi.

Se guardo alla cronaca di questi ultimi mesi la Sinistra si è accollata una quantità enorme di cause – quelle delle donne, del femminicidio, degli operai, della disoccupazione giovanile, dei matrimoni fra cittadini dello stesso sesso, di tagli agli sprechi della politica, di riforme delle istituzioni, di cambio della forma partito, della libertà su internet o delle tasse a Google, della privacy, della innovazione , di rottamazione, di povertà’ e austerità , ma anche di chilometro zero, di talento e di diete giuste, di arte e corpo, di corpo e tatuaggi, di Isis e Guerra, di Europa e Guerra, di Putin, di Obama e di Charlie Hebdo e del Museo del Bardo.

Ma, eccezion fatta per pochi, mai una volta, in tutte queste passioni si sono inseriti la pena o l’orrore per la morte di uomini e donne a causa della loro fede. La morte cioè come violazione finale del diritto più importante della libertà personale. Fede che, per altro, è quella della maggioranza del nostro paese, ed è anche la base della definizione (volerlo o meno) della storia e della cultura del continente in cui viviamo.

No, non sono cattolica, e nemmeno una neoconvertita. Sono atea e intendo rimanere tale.
E no, non ho scritto una sola riga sull’attuale Papa, non sono andata a Messa dalle nuove gerarchie religiose e ancor meno mi sono spinta a dire che questo Papa sta facendo una rivoluzione ed è il vero leader della sinistra.

Sono però una giornalista e credo di riuscire ancora a capire cosa è una notizia. E la notizia di questi giorni è la solitudine in cui è stato lasciato proprio questo popolarissimo Papa, da mesi voce unica nel denunciare le stragi dei fedeli e oggi unico capo di stato a puntare il dito contro l’immobilismo delle Nazioni Occidentali su questi eccidi. L’esatto contrario di Charlie Hebdo, insomma.

Le ragioni di tanto silenzio e imbarazzo degli Stati Occidentali si conoscono molto bene. Le si può leggere in filigrana nelle stesse spiegazioni che il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, ha fornito all’intervento di Papa Francesco.
“L’appello del Papa non incita allo ‘scontro di civiltà’ ” si è sentito in obbligo di spiegare Galantino.
E ha persino chiarito l’ovvio, cioè che Francesco non intende incitare alla “guerra santa”.

Questo è il punto su cui si paralizza tutto: la paura che la difesa dei cristiani significhi accendere altre mine nel già duro scontro, significhi dare via libera a una controreazione, significhi infine legittimare tutta quella destra che già ora in Occidente per propri interessi politici soffia sul fuoco del razzismo e dello scontro di civiltà.

Ma se ben sappiamo che il rispetto dei diritti umani è in genere la prima vittima sacrificale delle ragioni di Stato, possiamo anche noi cittadini, noi opinione pubblica, accodarci a questi timori e a questi opportunismi?

Torno così a parlare di sinistra. Sinistra perché è questa parte politica che ha sempre rivendicato di avere la forza e la convinzione per affrontare I temi della difesa dei deboli. E perché la sinistra in questo momento ha molto peso in grandi stati dell’Occidente. Non ultimo in Italia.

C’è molto da fare subito. Per prima cosa, i governi possono e debbono varare un piano per mettere in sicurezza intanto le migliaia di profughi – attraverso non solo l’assistenza strutturale (medicina, scuola, abitazioni) ma anche offrendo cittadinanza su vasta scala nei nostri paesi a tutte le famiglie che intendono lasciare le proprie nazioni.

Con una attenzione particolare a tutti i giovani che vogliano venire da noi a studiare o a lavorare. È un po’ quello che fecero i paesi occidentali prima della seconda Guerra mondiale per migliaia e migliaia di ebrei e vittime a vario titolo del nascente nazismo.
Non è tanto, ma è un inizio ed è anche un efficace messaggio di forza morale e solidarietà da opporre alle violenze dell’Isis.

La sinistra non può stare zitta, ripeto. Al contrario, il suo silenzio, le sue paure di varcare confini, di accettare il rischio di commistioni, di andare a scontri scomodi è , nelle condizioni date, anche la strada migliore per dichiarare la propria dissoluzione morale.

Lucia Annunziata

 

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Pubblichiamo anche il testo integrale di un  Manifesto di intellettuali laici e religiosi, di ebrei e cristiani,
“pro Armenia”.  (fonte: www.tempi.it)

Si tratta della prima “mobilitazione” congiunta di intellettuali e religiosi dopo le parole del Papa. 
La rende ancor più significativa, assieme a molti nomi illustri, la compresenza di “credenti” e “non credenti”,  di autorità religiose cattoliche e di alcune autorità rabbiniche, di persone di diverse idee politiche.

Non in nostro nome.
Solidarietà al popolo armeno, al Papa e al Catholicos

«Se si inizia “per opportunità” a negare un Genocidio, per motivi di diversa “opportunità” se ne potrà domani negare un altro, chiudere gli occhi su quello dei cristiani di Oriente (e di zoroastriani e yazidi) in corso e magari, perché no, commetterne poi uno»

È stato diffuso un manifesto sottoscritto da una serie di personalità del mondo intellettuale e religioso a favore del popolo armeno e del riconoscimento del genocidio vissuto cento anni fa.
Fra di loro anche i vescovi cattolici italiani monsignor Luciano Monari di Brescia, Luigi Negri di Ferrara-Comacchio, Bruno Forte di Chieti-Vasto; padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa.
Ci sono poi
 i rabbini Giuseppe Laras, rav Roberto Della Rocca e rav Alfonso Arbib.
Oltre a loro anche una serie di intellettuali tra cui la scrittrice Antonia Arslan, Andrée Ruth Shammah, Philippe Daverio e
 Salvatori Natoli.

In relazione al Genocidio Armeno lasciano sconcertati, turbati e profondamente feriti le parole del Sotto-Segretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Sandro Gozi, a maggior ragione considerando il fatto che è italiana la responsabile della politica estera dell’Unione Europea. Preoccupano inoltre i timori e i silenzi di altri governi occidentali.
Eppure esistono coraggiose voci di intellettuali turchi e di persone di quella società civile che hanno apertamente riconosciuto il Genocidio Armeno.

Quanto sofferto dal Popolo Armeno (e dalle altre antiche Comunità cristiane orientali dell’Impero Ottomano) non è questione di interpretazioni, bensì un fatto innegabile, drammatico e terribile, con i suoi orrori documentati, i suoi testimoni, i suoi aguzzini.
E gli storici si sono già sufficientemente espressi, in maniera inoppugnabile. Si tratta di un fatto che per decenni è stato parzialmente occultato e abbondantemente negletto da una certa “cultura”. Colpevolmente.

Il Genocidio Armeno coinvolse in primo luogo i turchi, ma non solo: fu certo una questione etnico-politica, ma fu anche una questione di “teologia politica” (il jihad contro gli Armeni), come testimoniano le conversioni forzate dei bambini armeni, la compravendita di schiavi armeni e altre ignominie perpetrate. E su tutte queste cose, anche in relazione all’attualità delle persecuzioni delle antichissime comunità cristiane di Oriente oggi la cultura e la politica occidentale non hanno ancora sufficientemente meditato – quando non si tratta, invece, di abissale ignoranza.

Il Genocidio Armeno coinvolse Oriente e Occidente.

Molti Paesi europei (in primo luogo la Germania) sapevano, non intervennero, ma anzi collaborarono.
Un’intesa tra persecutori. Lo stesso è accaduto, pur con molte imprescindibili differenze, con la Shoah, che coinvolse Occidente (fascista e nazista) e parti del mondo arabo-islamico. Basti pensare al Gran Muftì di Gerusalemme dell’epoca.
E che dire di alcuni militari tedeschi (e/o dei loro figli) che, dopo aver collaborato a uccidere gli Armeni, furono attivi aguzzini nelle varie macchine della morte della Germania nazista e dei suoi alleati?
Certamente vi furono eroi solitari che si opposero in vario modo al male, ma furono purtroppo troppo pochi.
In Oriente e in Occidente sembrano esserci oggi non pochi individui disposti ad avallare entrambi i negazionismi:
la negazione della Shoah in buona parte del mondo islamico, assieme ai negazionisti occidentali e a molti musulmani di Occidente; la negazione del Genocidio Armeno in Turchia e in ampia parte del mondo islamico, assieme agli imbarazzi, alle cautele e ai silenzi di non pochi pavidi governi occidentali.

C’è poi la questione del rapporto tra ebrei e cristiani.
E dei cristiani, di diverse confessioni, tra di loro. Molti armeni (cristiani dunque, in quanto prima Nazione che accettò la fede cristiana al mondo) furono salvati dagli ebrei, ben prima del difficile cammino di riconciliazione, successivo alla Shoah, tra Chiese ed ebraismo, quando gli ebrei erano ancora vittime della secolare persecuzione antiebraica, della “teologia della sostituzione” e dell’“insegnamento del disprezzo” (come, del resto, ci furono armeni che contribuirono a salvare gli ebrei).
Ci sono poi stati, ieri come oggi, i molti silenzi dei cristiani occidentali, cattolici o riformati che fossero.
Vien da pensare a che servano i tanti incontri interconfessionali tra le Chiese cristiane su questioni dottrinali forse “lontane”, quando non si è capaci di preservare, con dignità, fermezza e tenacia, il ricordo comune, commosso e orante, dei centinaia di migliaia di martiri armeni di ieri, al pari dell’impegno per salvare i cristiani di Oriente oggi?

E vien da porre una domanda ai governi occidentali e agli esponenti della cultura occidentale:
se non riuscite a indignarvi e a impegnarvi per il tentativo in atto di cancellazione del ricordo di centinaia di migliaia di uccisi di ieri, e voltate silenti e imbarazzati le spalle, cosa dobbiamo aspettarci – Dio non voglia – per le minoranze cristiane – ed ebraica – nel Vicino Oriente? E ancora, che futuro per l’Occidente e per il mondo libero?

È evidente che i “prudenti” politici ed intellettuali più o meno apertamente negazionisti del Genocidio Armeno, lo sono per un malinteso senso di “opportunità” politica ed economica, che va dai petrodollari agli scambi commerciali, dalle strategie geopolitiche sino alle nuove demografie religiose in Europa. Noi viviamo in un’epoca in cui, per la prima volta, l’economia detta potentemente, e senza quasi possibilità di appello, l’agenda alla politica. Ed è così che, per motivi economici, le conquiste, tanto giuridico-sociali che economiche, del cd. welfare, negli ultimi anni sono state esposte a insidiose erosioni.
Si pensi a questo, a un certo Occidente (imbelle, edonista, nichilista e dimentico – scientemente e non – delle proprie viventi radici bibliche e greche) e al fatto che sempre maggiori fette della produttività e dell’economia occidentali sono in mano a capitali stranieri legati, per esempio, ai petrodollari: perdita di sovranità economica e quindi potenziale futura perdita di sovranità politica e culturale.
E se si inizia “per opportunità” a negare un Genocidio, per motivi di diversa “opportunità” se ne potrà domani negare un altro, chiudere gli occhi su quello dei cristiani di Oriente (e di zoroastriani e yazidi) in corso e magari, perché no, commetterne poi uno.

Chi scrive ha origini, cultura e confessione religiosa differente e crede, specie nella nostra tormentata e difficile contemporaneità, che la necessaria e continuamente rinnovantesi pacificazione tra le persone e i popoli debba basarsi sul rispetto e sulla vicendevole, approfondita e onesta conoscenza.
Un cammino difficile, estraneo a silenzi, revisionismi o negazioni della verità.

 

 

Andrée Ruth Shammah
S. Em.za Card. Edoardo Menichelli
Annamaria Samuelli
Antonia Arslan
Elsa Maria Fornero
Marcella Ravenna
Adriana Bassani
Francesca Nodari
Yardena Laras
Anna e Angelo Passoni Dell’Acqua
Antonietta Cargnel
Caterina Foppa Pedretti
Laura Boella
Maria e Paolo De Benedetti
Marina Mavian
Rosellina Archinto
Rosabianca Finazzi
Anna Orefice
Rosella Panzeri
Rav Giuseppe Laras
Rav Roberto Della Rocca
Rav Alfonso Arbib
Rav David Sciunnach
S.E. Mons. Luciano Monari
S.E. Mons. Luigi Negri
S.E. Mons. Bruno Forte
p. Pierbattista Pizzaballa, ofm
p. Lino Dan, sJ
p. Giulio Michelini, ofm
p. Egidio Canil, ofm conv
p. Giordano Ferri, ofm cap
Mons. Gianfranco Bottoni
Mons. Gianantonio Borgonovo
Mons. Luigi Nason
Mons. Francesco Iannone
Mons. Roberto Vignolo
Mons. Giuseppe Ghiberti
don Maurizio Ventura
don Andrea Varliero
don Flavio Dalla Vecchia
don Orlando Gori
Philippe Daverio
Salvatore Natoli
Alberto Jori
Carlo Sini
Riccardo Calimani
Guido Guastalla
Luciano Bassani
Vittorio Robiati Bendaud
Cosimo Buongiorno
Aldo Ferrari
Tullio Levi
Gabriele Levy
Yoram Ortona
Daniele Cohen
Marianne e Giuseppe Altamore
Bruno Dapei
Ugo Volli
Dario Calimani
Stefano Boeri
Mario Raimondi
Elisabetta Zambruno
Sara Scarpellini
Daniele Ravagnani
Ilia Pasini
Giuliana Gemelli
Daniele Bedarida
Leopoldo Sandonà
Erica e Eric Noffke Correnti
Alessio Persic
Bruno Carmi
Daniele Nahum
Alfonso Fossà
Marina Nestor
Emma Biondi Della Sdriscia
Maurizio Ghiretti
Fulvio Giannetti Canetti
Jacopo Antonelli
Maria Antonietta Longo
Giuseppe Messina
Mimma Russo
Anna Maria Baggioli
Cristina Baldissarri
p. Massimo Pazzini
Adriana Bozzini
Laura Malchiodi
Giulio Meotti
Gabriella Uluhogian
Mara De Felici
Guido Levi
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