Pregare Dio a passo di danza

Suor Anna Nobili:
ex cubista, ora prega Dio a passo di danza

Suor Anna Nobili

Quarantenne milanese, ha dato vita alle porte di Roma a una scuola di ballo per educare a lodare il Signore anche col corpo

Anna Nobili da giovane balla come cubista nelle discoteche di Milano. Era il tempo della vita facile, delle “notti brave”. La vita spesa tra i piaceri passeggeri in locali trendy come l’Hollywood e il Rolling Stone. Gli incontri, tanti.
Poi l’avvicinamento alla fede e la scoperta della vocazione. A 28 anni entra nella congregazione delle Suore operaie della santa casa di Nazareth.

In una notte di Natale – si legge nel quinto numero di “Credere” –, sentendo le campane e il clima di festa, entra nella parrocchia di Sant’Eustorgio. Qualcosa in lei si scioglie, viene toccata nell’intimo dalla grazia, si sente amata così com’è; con i suoi abiti vistosi e il suo trucco marcato: “Lì ho incontrato Dio la prima volta, lì ho conosciuto il suo amore ed è iniziato il mio cammino”.

Un passo dopo l’altro comincia a frequentare un gruppo di giovani nella parrocchia di San Lorenzo. La passione per il ballo l’accompagna sempre, è come un filo rosso nel suo percorso esistenziale. Le Suore operaie, durante gli anni della formazione, le fanno capire che la sua capacità di danzare è un talento che può trasformarsi in servizio per tanti.

Così nel 2008, su esplicita richiesta del vescovo Domenico Sigalini, inaugura a Palestrina (Roma) la scuola di danza moderna cristiana “Holy Dance”, frequentata da un centinaio di baby-ballerini (da quattro anni in su) e da adolescenti. Mentre da qualche mese si è formato anche un gruppetto di signore dai 35 ai 55 anni. Si tratta di una iniziativa che mira a coniugare la Parola di Dio e la danza moderna nei suoi diversi generi: dall’hip-hop al funky, dalla breakdance al rap. Un cammino caratterizzato anche da ritiri spirituali oltre che dalla formazione umana.

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“Noi occidentali – ammette suor Nobili – abbiamo un problema con il corpo, sempre accostato a qualcosa che lo rende commercializzato. Siamo ‘razionali’ e ‘statici’, facciamo fatica a vivere la nostra fisicità, a decodificare le emozioni e i sentimenti che ci comunica. Invece anche il corpo prega”.

E invece, continua, “con sobrietà nei costumi e nelle scenografie, che non significa sciatteria: il Signore ci chiede di essere manifestato nella bellezza.

E lo Spirito Santo danza con noi. Un atto di abbandono, in cui c’è la gioia”.

Fonte: Una casa sulla roccia