Madre Mazzarello: il fascino di un’educatrice

da | 12 Mag 2015 | La buona parola

Di Piera Ruffinatto, FMA

 

Maria Domenica Mazzarello (1837-1881), confondatrice dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, è una figura semplice e ricca di fascino.

Figlia di una terra, il Monferrato, verde e collinosa, nacque e crebbe a Mornese, un piccolo paese in provincia di Alessandria. Lavorando come contadina i campi e le vigne imparò ad ascoltare la natura e a rispettarne i ritmi, e ponendosi alla sua scuola ne capì i segreti che poi seppe trasfondere nell’arte educativa di cui divenne ben presto maestra crescendo i fratelli più piccoli e divenendo punto di riferimento della sua numerosa famiglia.

Maria Domenica, affermano i biografi, era un’educatrice nata, una giovane che attirava le ragazze come la calamita attira il ferro.
Il suo fascino naturale e spontaneo era dovuto alla sua ricca personalità: intelligente e pronta, spiritosa e allegra, generosa e sincera.
Ad esso si univa una vita spirituale profonda e autentica, mutuata prima dai genitori e poi maturata personalmente grazie alla loro guida e a quella del suo direttore spirituale don Domenico Pestarino.

Ancora quindicenne era già membro dell’Associazione delle Figlie dell’Immacolata, fondata dalla maestra del paese, Angela Maccagno e spiritualmente diretta dal teologo Giuseppe Frassinetti di Genova e in essa esercitava la missione che più l’attraeva: la formazione delle giovani del paese. Senza artifici né forzature, Maria aveva saputo guadagnarsi la loro confidenza partecipando ai loro giochi, condividendo le loro vicende quotidiane, entusiasmandole alla vita cristiana.

All’età di vent’anni, la malattia del tifo giunse a dare una svolta alla sua vita perché, lasciandola senza forze, la obbligò ad abbandonare il lavoro dei campi e a pensare in modo diverso il suo futuro. Senza perdersi d’animo, insieme all’amica Petronilla Mazzarello, Maria fondò un laboratorio di sartoria per le ragazze di Mornese, continuando così a realizzare il suo sogno di promuovere ed educare le giovani.

Un progetto per le giovani

Ancora prima di conoscere Don Bosco, realizzò con straordinaria intraprendenza un’attività molto simile al progetto che questi andava realizzando a Torino nella regione Valdocco.

Qui egli aveva fondato un oratorio all’interno del quale vi erano laboratori, scuole, un collegio e un orfanotrofio. La finalità che spingeva entrambi, infatti, era quella di contribuire all’educazione della gioventù povera e abbandonata restituendo loro la dignità dei figli di Dio attraverso l’istruzione, la formazione professionale, l’educazione umana e cristiana. Con tali iniziative, essi si collocavano nella chiesa e nella società accanto ad altri grandi uomini e donne che nell’Ottocento fecero la scelta della preventività come strategia educativa efficace ai fini di rigenerare la società.

Quando nel 1872 Don Bosco fondò l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, lei ne fu la prima pietra, entrando con intelligenza, e creatività nella proposta di Don Bosco e traducendola in uno stile caratteristico e originale. Infatti, con le altre prime Figlie di Maria Ausiliatrice, coniò uno “spirito educativo” che prese il nome di “spirito di Mornese” intendendo con esso una modalità tipica di vivere il carisma salesiano al femminile.

I lineamenti che caratterizzano la sua figura di donna, educatrice e formatrice di religiose educatrici sono semplici, come lo fu la sua vita, ma nello stesso tempo complessi, perché Maria Domenica era una donna che non si accontentava di ciò che è mediocre e, come Don Bosco, voleva che il bene fosse fatto bene, che alle giovani non fosse mai proposto niente al di sotto dell’ideale di una vita cristiana vissuta in pienezza e gioia.

Pur esigendo tanto da se stessa e dagli altri, era tuttavia capace di accogliere e valorizzare l’apporto di ciascuna, mettendo al centro della comunità soprattutto le sorelle e le giovani più bisognose e deboli, prendendosi cura di loro con le delicatezze e le attenzioni tipiche di una madre, incoraggiando e compatendo sempre, ma spronando ad evitare compromessi, ipocrisie e falsità.

La fatica e la bellezza dell’educazione

Possedeva l’arte del governo, quella capacità cioè, di favorire nella comunità educante il consenso sulle finalità, la convergenza degli interventi, l’unione delle forze in vista della salvezza delle giovani. Al cuore della comunità aveva posto, come Don Bosco, l’amore di Dio, fondamento e traguardo di tutta l’azione educativa.

Dalla sua persona e dal suo messaggio, ancora oggi emana un fascino particolare perché:

ci ricorda la preziosità e la bellezza dell’educazione, una delle azioni umane più nobili e necessarie;

ci incoraggia a riappassionarci dei giovani e della loro crescita integrale, superando fatiche e insuccessi;

ci ricorda che l’educazione è un’opera che richiede pazienza, capacità di guardare lungo e largo, condivisione umile e convinta delle risorse e, soprattutto, passione per Dio e passione per l’uomo!