Dobbiamo tornare a sperare nel bene comune

da | 6 Ott 2015 | Giovani

Memorandum per i politici da Papa Francesco

Davanti al pessimismo dilagante, anche verso la nostra politica italiana, la risposta è racchiusa nel discorso al Congresso americano di Papa Francesco, che offre un indirizzo di rinnovamento per costruire una nuova “piazza delle idee”.

“Un buon leader politico è uno che, tenendo presenti gli interessi di tutti, coglie il momento con spirito d’apertura e senso pratico. Un buon leader politico opta sempre per iniziare processi più che possedere spazi”: un vademecum lapidario e netto si nasconde in questa frase di Papa Francesco, rivolta ai membri del Congresso americano, durante il viaggio apostolico a Cuba e negli Stati Uniti.

Parole che richiamano lo slogan di uno dei padri fondatori della nostra Repubblica e dell’Unione Europea, Alcide de Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”.  In un momento di crisi politico – sociale, è bene ritornare ai modelli di valori che ispirano la missione del politico.
Di missione, infatti, si tratta: al di là dell’appartenenza partitica, il rappresentante del popolo è un nuovo Mosè, una guida che tiene viva la trascendenza della dignità umana e la declina nelle scelte contingenti.

Il problema sta nella deresponsabilizzazione della classe dirigente che cede a quel riduzionismo polarizzante, condannato da Papa Francesco, portando alle estreme conseguenza l’inutile e ostile monologo tra partiti, di cui percepiamo quotidianamente gli effetti nefasti.
Lo strumento del dialogo è alla base della creazione di processi di governance sostenibile, come sosteneva Aristotele: l’uomo, tra le creature, possiede la razionalità della parola, capace di comunicare la Verità e di costruire una relazionalità decisionale, orientata verso punti di riferimento stabili.
Il momento che stiamo vivendo è segnato da venti di rinnovamento, di emancipazione da Dio, di autosufficienza: la frenesia di imporsi ha portato ad un uso distorto dello strumento legislativo, senza alcun senso di sostenibilità.
L’esempio di Mosè torna utile nuovamente: egli non crea la Legge, che proviene da Dio, ma la comunica e la rende conoscibile a tutti.
Ogni persona è capace di ricevere la Verità, ma il potere di concretizzarla si realizza in chi che è riconosciuto democraticamente come il legislatore, in un continuo rapporto di fusione della volontà individuale nell’assemblea. Ora, se si scioglie questo processo, il leader inizia ad occupare spazi che non gli spettano e, invece di promuovere dialoghi di Verità, diviene un inutile demagogo, al servizio di interessi egoistici.

Come sosteneva De Gasperi, le elezioni sono il mezzo, non il fine cui deve tendere lo statista; l’approvazione popolare è il risultato di un corretto uso dei propri talenti, non l’obiettivo che persegue chi reclamizza un prodotto.
La coscienza del bene comune è l’unico antidoto alla successione degli orientamenti extrapolitici, quali la finanza, l’economia, le lobbies, le ideologie.

La politica deve ritornare ad essere la “piazza delle idee”, luogo in cui si sintetizzano i bisogni di ciascuno con le proposte di soluzione, nel rispetto delle “regole del gioco”, costituite anzitutto dal diritto naturale, fondamento etico e razionale di ogni scelta pragmatica, come ha affermato Papa Benedetto XVI nel discorso al Parlamento inglese.

Il trionfo della coscienza individuale e collettiva potrà salvare la funzione del legislatore dalle derive autoritarie o demagogiche.

E, allora, si potrà realizzare l’augurio del Papa al popolo americano, scolpito nelle quattro figure cardine del suo discorso:
il presidente Lincoln, difensore della libertà; Martin Luther King, martire della cultura dell’incontro; Dorothy Day, donna al servizio degli umili; Thomas Merton, cultore del dialogo e della pace.

Nella misura in cui sapremo noi, cittadini e politici, attuare queste vie, potremo continuare a sognare un mondo orientato verso il bene comune.

Andrea Miccichè