Perchè pregare?

da | 28 Mar 2017 | La buona parola

“Signore, insegnaci a pregare”. (Luca 11,1)

Che bella questa richiesta che i discepoli rivolgono a Gesù! Chissà infatti come pregava per averli così affascinati al punto da chiedergli di insegnare loro. Eppure, pregare non dovrebbe essere una delle cose più facili al mondo? Certo, se ci limitassimo solamente a chiedere, ma la preghiera è ben altro, una riserva di doni!

Innanzitutto, tiene desta la meraviglia e ci mantiene vivi, perché pregare vuol dire stupirci, complimentarci con Dio e accorgerci della Sua presenza intorno a noi.

Poi, ricorda che esiste il “Grazie!”, ovvero ci ingentilisce: pregare non vuol dire solo chiedere grazie, ma dire grazie. Il pensiero riconoscente è l’anima della preghiera e dire grazie significa scoprire tutte le benedizioni di Dio. In questo modo diventiamo anche più umani perché il “grazie” si allarga alle persone che incontriamo ogni giorno.

Ancora, è una delle medicine più potenti che noi possiamo produrre. La preghiera infatti è un potente ansiolitico o, almeno, un benefico sfogo: sapere che Dio c’è e mi ama rasserena più di molte psicanalisi.

Ed è contro la superficialità! Quando l’uomo prega, più che farsi conoscere da Dio fa conoscenza con se stesso. Pregare è pensare al proprio stato di salute spirituale, significa possedersi, essere interiormente occupati.

Infine, la preghiera crea un io dilatato. Non ci dispensa dall’azione, anzi: spinge a scaraventarci fuori dal nostro io per andare ai fratelli. Pregare significa aprire le persiane del cuore perché entri una luce nuova.

E io, come prego? Domando semplicemente, moltiplicando le parole, oppure lodo il Signore per ciò che è, lo ringrazio, gli chiedo di guarire il mio cuore, di renderlo più profondo e attento ai bisogni del prossimo?
Cosa potrei migliorare per essere una “preghiera in cammino” sulle strade di ogni giorno?

Signore, aiutami a capire che qualche volta basta stare lì, in silenzio, come il mendicante che semplicemente tende il braccio: fa’ che parlino le mani aperte, i vestiti a brandelli, il viso segnato dalle fatiche della vita.

Andrea Navarin
fonte: 180 battiti di luce – Officina ConteplATTIVA