Il bimbo col kalashnikov che bussa alla nostra porta

Che  pensare di un bambino che impugna un kalashnikov per fare propaganda al Califfato islamico dell’Isis? Il cervello si paralizza.

E come non restare sgomenti di fronte a una bambina di dieci anni che si lascia esplodere in un mercato facendo strage di persone?

Eppure la prima cosa è la più semplice e sconvolgente: sono bambini.

Bambini abusati in un modo  più subdolo di quanto avvenga altrove, dove gli Erode della terra fanno a gara per uccidere bimbi. Aborti legalizzati e incoraggiati, mattanza di piccoli come a Peshawar, in Pakistan, poco prima di Natale, bambini venduti come merci, bambini preda dei mercanti di organi, dei mercanti di sesso,  dei mercanti di morte. Bambini che muoiono di fame.

Bambini che diventano assassini.

È impossibile non levare un grido in alto: come accade tutto questo?
Come siamo precipitati in una bestialità che contagia gli innocenti?
‘Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare’ dice Gesù nel Vangelo di Matteo.

E qui siamo oltre lo scandalo, siamo al male che devasta le anime. Se pensiamo all’educazione, che è il dovere degli adulti verso i piccoli, e agli insegnamenti aberranti che vengono impressi in queste menti tenere come burro, si avverte tutta la perversione di un’azione diabolica. Fatti lontani? No, terribilmente vicini.

Lo choc per quel che accade sotto i nostri occhi, ai nostri figli, ai nostri fratelli, è al centro della riflessione di questi giorni della Conferenza episcopale lombarda guidata dal Cardinale Angelo Scola. I vescovi della Lombardia hanno proposto una preghiera comune per domenica 18 gennaio dedicata a Parigi come simbolo delle stragi che devastano il mondo. Una preghiera di cui vorrei proporvi l’inizio:
‘Signore, che cos’è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? L’hai fatto poco meno di un dio, chiamato a condividere la tua vita e il tuo amore, eppure si corrompe fino a desiderare la morte, fino a vivere d’odio. Guarisci i cuori che si consegnano a sentimenti violenti e cattivi, le menti che si dedicano al male, le forze impegnate a far soffrire, i progetti che opprimono i popoli, che trasformano anche i bambini in strumenti di morte, che sfigurano la bellezza, che umiliano le persone’.

La preghiera è la nostra risposta più bella e potente.

Bambini trasformati in strumenti di morte, dicono i vescovi lombardi. Eppure possiamo credere, dobbiamo credere che non sia l’ultima parola. Questi bambini, educati a diventare assassini, nostri vicini di casa, possono essere salvati. Possono salvarci. Solo l’amore è credibile: accoglierli nelle nostre scuole e nei nostri oratori, raccontar loro le favole invece delle grida di guerra. Giocare, leggere, condividere compiti e ricerche, preparare la merenda. Sono i compagni di classe che guardiamo male perché rallentano la velocità degli studi, sono gli amichetti che non invitiamo alle feste, i ragazzi che rimangono chiusi in circoli di stranieri. Estranei. Separati. A noi è possibile combattere il male che vediamo ogni giorno, fare piccole cose con grande amore, e sperare che la goccia diventi oceano.

La violenza dei bambini omicidi è un’immagine di puro orrore che arriva da Paesi lontani.

Ma non dimentichiamo che ciò che accade in Nigeria, in Pakistan, in Iraq, ci riguarda perché il mondo si è fatto piccolo, minuscolo. E se non permettiamo che l’orrore ci tocchi il cuore, lui si avvicinerà a passi ancora più veloci.

Parigi l’ha dimostrato.
E l’adulto che preme sulla spalla del bimbo col kalashnikov è la mano del Male che bussa alle porte di casa nostra.

Sabrina Cottone