Santissimo corpo e sangue di Cristo

14 giugno 2020

Vangelo di Giovanni 6,51-58

Commento di suor Cristina Merli, FMA

 

Mi ha sempre affascinato e stupito che le suore di Madre Teresa abbiano un’ora di adorazione eucaristica al giorno. Sono donne con un’attività incredibile, i bisogni ai quali vanno incontro non finiscono mai, eppure…

“Abbiamo bisogno di cibo continuo. Per questo cominciamo la giornata alle quattro e mezzo del mattino.
Abbiamo la Messa, la comunione, la meditazione… Poi, alla sera, in tutte le nostre case, abbiamo un’ora di adorazione.[…]
Viene esposto il Santissimo Sacramento, e tutte le suore, comunitariamente, fanno un’ora di adorazione.
É questa una grande sorpresa per me: siamo, infatti, tutte e ciascuna molto occupate; abbiamo tante cose da fare per la nostra gente. Eppure quest’ora di adorazione non è un’ora sottratta al lavoro per i poveri.
Facciamo tutte le nostre ore di servizio pieno per i poveri.
Quest’ora di adorazione trascorsa davanti a Gesù non toglie nulla al nostro servizio. Ci ha avvicinate le une alle altre, ha intensificato il nostro amore per i poveri, ha reso la presenza di Cristo più viva, più reale, qualcosa che veramente ci unisce”.

Madre Teresa di Calcutta, da Teresio Bosco, I pensieri più belli di Madre Teresa, Elledici 1996, p. 18.

 

Un’ora davanti alla presenza reale di Gesù, tutti i giorni.

In questi mesi abbiamo sperimentato come non mai quanto bisogno abbiamo della presenza fisica di chi ci ama, del corpo dell’altro, della sua concretezza. Non potere incontrare amici, genitori, nonni, fidanzati, figli, non poterli accarezzare, abbracciare, tenerli per mano è stata ed è una rinuncia grande, sofferta.

E Gesù lo sapeva. Sapeva quanto la sua assenza fisica avrebbe procurato dolore e smarrimento nei suoi e anche in noi, perché sapeva bene quanto il corpo pesi nell’esistenza.
Lui che si era incarnato.
Lui che aveva guarito toccando.
Lui che aveva chiesto vicinanza fisica nell’ora dell’angoscia.
Lui che si era lasciato lavare i piedi col profumo da una donna e se li era lasciati asciugare con i capelli di lei.
Lui lo sapeva.

Forse per questo non ha voluto lasciarci solo il Suo Spirito, ma anche il suo Corpo. E non ha voluto che potessimo solo guardarlo o toccarlo, ma addirittura mangiarlo.
Se ho contato bene, negli 8 versetti del Vangelo le parole riferite al “mangiare” sono ben 7. Ci sono poi tanti altri termini che fanno parte della stessa area semantica: cibo, pane, carne, bevanda.
Mangiare è più di una carezza, più di un abbraccio, più di un bacio.

E gli altri intanto
si baciavano solo sulla bocca,
ma io Ti mangiavo tutte le mattine”.

(David Maria Turoldo, Amore e morte)

 

Mangiare il Corpo di Cristo è ricevere la vita, la Sua Vita.

“Vita” è l’altra parola che ricorre insistentemente in questi versetti, declinata in sostantivi, verbi, aggettivi. Per dirci una cosa sola: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, vivrà in eterno”: penserà pensieri, agirà azioni, pronuncerà parole che non andranno perdute, neanche dopo la morte, perché avranno sapore di eterno.

Quel sapore che gustiamo nelle parole pronunciate da Gesù nel Vangelo di Matteo, al capitolo 25: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Anche qui troviamo il Corpo di Cristo, la Sua presenza, in una consistenza diversa, ma profondamente reale. Ce lo ha detto Lui.

Ed ecco che, come in un cerchio che si chiude, torniamo a Madre Teresa.

Stare alla presenza del Corpo di Gesù Eucaristia intensifica l’amore ai poveri, per noi ai ragazzi più poveri e permette di fare loro quello che Gesù ci ha chiesto: dare da mangiare a chi ha fame, dare da bere a chi ha sete, ospitare lo straniero, vestire chi è nudo, visitare chi è malato e chi è carcerato. Non nelle intenzioni, ma nella prassi.

Come dice Papa Francesco: “L’Eucaristia è come una porta, una porta aperta tra il tempio e la strada, tra la fede e la storia, tra la città di Dio e la città dell’uomo”.