Le buone notizie ci sono

da | 16 Gen 2017 | Educatori e docenti

Se la nostra storia è un fiume che punta al mare della salvezza, è un dovere allenare gli occhi a scorgere l’oro che è sul fondo, vincendo la tentazione di lagnarci prima per l’acqua scura.

È gennaio di un nuovo anno, e qualcuno torna a dire che più si va avanti nel futuro, meno ci guadagniamo: i quarantenni ricordano ai ventenni che loro erano in grado di darsi appuntamento pure senza i cellulari; i sessantenni fanno notare ai quarantenni che, nei gloriosi anni della contestazione, la politica era passione e non tornaconto; gli ottantenni minacciano i sessantenni perché non sprechino il pane: “Chi non ha fatto la guerra, non sa cosa vuol dire avere fame!”.

Da che l’uomo ha memoria, chi viene dopo, è il destinatario dei rimbrotti della generazione che gli ha apparecchiato il domani. Chi è più maturo sembra godere nell’additare ogni indizio di imbarbarimento, lamentandosi di come la società coli a picco da quando ai vecchi è stato tolto il timone.

La sensazione di scivolare su un piano inclinato preoccupava già il poeta greco Esiodo che, otto secoli prima di Cristo, certificava la fine dell’età dell’oro, il tempo mitico in cui tutto andava bene e gli dei non avevano rimproveri da fare agli umani. Poi, via di seguito, con i latini ad invidiare la cultura dei greci, i medievali a rimpiangere i costumi dei romani, gli intellettuali del Cinquecento a ripetere che solo i fiorentini di due secoli prima scrivevano bene.

Possibile che quello che è buono ci sembra sempre intrappolato nei giorni che non possono tornare?

Non fatevi ingannare: digitate “buone notizie” in un motore di ricerca.

Scoprirete che è in aumento l’attenzione che mettiamo nella scelta del cibo, che questo Capodanno il numero di feriti per i botti è stato inferiore, che non siamo più minacciati da pandemie terribili come la peste nera.
L’elenco di segnali confortanti potrebbe proseguire come una chilometrica pergamena che si srotola entusiasta verso il Tremila.

Se la nostra storia è un fiume che punta al mare della salvezza, è un dovere allenare gli occhi a scorgere l’oro che è sul fondo, vincendo la tentazione di lagnarci prima per l’acqua scura.

Fonte: Credere