Memorie dell’oratorio

Arriva l’estate ed è anche l’ora del mitico oratorio estivo… tra partite di calcio, gare, ghiaccioli, chitarre e gite al parco acquatico.

Se vuoi giocare, passi prima in cappellina. Ombra fresca come solo le chiese sanno fare, mettine un po’ in tasca perché per tutto il pomeriggio sei tu da solo contro il sole. Don Paolo è un prete, ma sa suonare la chitarra.
Si chiede quanto ci metteremo a imparare la canzone di quest’anno, se la nostra memoria è prigioniera della tapparelle chiuse della scuola.

Il campo regolamentare di pallone è una distesa di sassolini e niente da bere, ha misure più grandi se sei un bambino. Gli animatori superano i pali della porta, sorridono nonostante non sia chiaro a nessuno se chi è preso a pallabase torna indietro o è eliminato. Si danno da fare col megafono, che non vuole collaborare.
Io sono nei Blu e l’assegnazione casuale per sorteggio vale quanto un segno dal cielo: per tutto l’oratorio estivo vedrò blu, parlerò di cose blu, mangerò cibo di questo colore (ghiaccioli all’anice intenso, mirtilli, forse melanzane). La mia estate ora ha un obiettivo oltre il mare: moltiplicare i nostri punti sul tabellone.

A metà del pomeriggio, con i volti che stanno per scoppiare e le bandane declassificate a tampone del sudore, la chiamata del ghiacciolo. È un succo di frutta fatto ibernare nel congelatore, ma ce ne sono per tutti senza spingere: al contatto con le labbra siamo certi di poter tornare al mondo. Forse domani c’è la sfida al femminile, proveremo a stare insieme maschi e femmine. Se non bastasse, venerdì di nuovo la piscina: passeremo il tempo a congelare sugli scalini del Kamikaze (lo scivolo da cui qualcuno, negli anni scorsi, non è stato in grado di tornare); Paolone ricorderà, come ogni volta, il vero motivo per cui è calda la vasca bassa dei bambini, ottenendone l’evacuazione; io e Simone insisteremo con i nostri tuffi a bomba, finché l’ultima goccia non avrà lasciato la piscina.
Sulla corriera, faremo a botte per i posti in fondo, ci accontenteremo della terzultima fila; l’importante è non finire accanto alla chitarra sempre accesa di don Paolo: devo dormire…

Emanuele Fant
Fonte: Credere