In guerra per amore

da | 15 Nov 2016 | Film

Premessa: anche se la critica lo ha stroncato, io consiglio vivamente di andare a vedere questo film e vi spiego anche il perché…

New York, 1943. Arturo Giammarresi, palermitano trapiantato in America, sogna di sposare la bella conterranea Flora, ma lei è già promessa a Carmelo, figlio del braccio destro di Lucky Luciano. L’unico modo per ottenere la mano di Flora è quello di chiederla direttamente al padre della donna, rimasto in Sicilia. E siccome anche gli Alleati stanno per sbarcare in Trinacria Arturo si arruola nell’esercito americano e approda nel paesino di Crisafulli dove comandano, in ordine sparso, la Madonna, il Duce, il boss locale Don Calò e un pugno di gerarchi fascisti. I destini di Arturo s’incroceranno con quelli degli abitanti di Crisafulli e soprattutto di un tenente dell’esercito yankee, l’italoamericano Philip Catelli Chiamparino, entrato in guerra per amore del suo Paese e dotato di un senso alto dell’onore.

Dopo il successo de La mafia uccide solo d’estate, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ritorna sui grandi schermi con un nuovo film che ha come tema l’insediarsi, non solo nel quotidiano ma anche nel politico, dell’agenzia mafiosa. È così che ci viene presentata nel film, come una grande agenzia, ben organizzata e con filiali all’estero (Lucky Luciano in America, ad esempio), un’agenzia che non guarda in faccia a nessuno e che è capace di controllare, di comandare superpotenze militari e di ingannare la povera gente troppo stanca di combattere, di soffrire e desiderosa di pace. Guardando al film sembra proprio che la pace, questa mafia, riesca a portarla: gli alleati riescono nello sbarco senza nemmeno sparare un singolo colpo, le forze militari nemiche si arrendono tranquillamente e la Sicilia è libera dal tiranno nazi-fascita, tutti hanno da mangiare, tutti festeggiano, tutti si sentono liberi. La vera domanda però è solo una: a quale prezzo? Quella riconquistata non è vera libertà, ma solo un passaggio di proprietà da un tiranno a un altro, da Mussolini a Don Calò. Pif ci mostra, così, come le cose ricercate col cuore portino a un buon e felice risultato, mentre quelle conquistate con l’inganno portino solo ad una pace effimera e apparente e facciano ricadere in un timore omertoso chi vorrebbe dire NO, ma ha paura.
Eh già, dentro la storia di una guerra, dentro le violenze che questa guerra ha portato, il registra sottolinea come ci sia comunque spazio per l’amore e per amare, che esso sia rivolto a una donna o a una patria.

Nonostante la tematica forte e “cupa”, la pellicola di Pif non risparmia ironia e divertimento, attraverso una comicità semplice e disincantata è capace di far ridere e sorridere il pubblico teletrasportato dentro il secondo conflitto mondiale. Oltre alla comicità, il film è anche velatamente cosparso di speranza: la speranza della fine di un conflitto, la speranza di un amore che sembra impossibile, la speranza di restare vivi, la speranza di essere liberi. Dunque: se Arturo Giammaresi percorre chilometri per amore di una donna, se il tenente Chiamparino percorre un oceano per amore del proprio paese, quanto si è disposti a camminare per amore della verità e della libertà? Questa domanda, seppur semplice e scontata, il film sembra porcela: quanto valgono la tua vita, i tuoi affetti, la tua libertà, la tua felicità, la tua storia?

Invito tutti a guardare questo film nonostante non sia un colossal e nonostante i giudizi (a volte impietosi) della critica, ma che con semplicità affronta un tema molto controverso e duro da digerire come quello della mafia.

Invito a guardarlo perché potrebbe certamente non risolvere il problema, ma dare una chiave di lettura per interpretarlo e la speranza di una cammino capace di superare qualsiasi distanza per amore.

Concludo con una frase che mi ha molto colpito nel film: il tenente Catelli chiede ad Arturo perché sia così preoccupato di cosa pensa la gente e lui risponde “Lieutenant, se la gente viene a sapere che a me non interessa cosa pensa la gente, cosa può pensare la gente di me?” Il pensare alla gente e della gente potrebbe essere una grande speranza e risorsa per porre fine a questa “disgrazia sociale” e ritrovare la vera libertà capace di insegnare a ciascuno ad amare veramente, con cuore libero e indiviso.