La nuova edizione del Messale

La nuova edizione del Messale, non un nuovo Messale.
La liturgia è una delle principali opere d’arte della Chiesa.

 

di Andrea Lonardo

 

Ci vorrà del tempo per conoscere il nuovo Messale – anche se sarebbe più corretto dire della Nuova edizione del Messale, perché questo Messale è lo stesso, ma in edizione rinnovata, perché tale è il linguaggio scelto dalla CEI. Ci vorrà del tempo, perché non è qualcosa che si può fare a tavolino. Questo è ciò che ho sentito urgente dire nella prima liturgia con il nuovo Messale. Non ho spiegato tanto questa o quella formula, quanto ho cercato di mostrare perché non è una singola parrocchia a determinare la celebrazione stessa. Io stesso mi sono dovuto arrestare al momento del ricordo dei defunti, perché non sapevo bene come inserire i nomi di coloro per cui pregavamo nelle nuove parti della Preghiera eucaristica.
Serve tempo perché un nuovo Messale diventi pienamente la “nostra” esperienza. Ma ciò che è certo è che la liturgia è un’esperienza e che noi siamo chiamati ad entrare nell’esperienza della Chiesa e non ad avere liturgie diverse per ogni comunità, quasi che la liturgia fosse un pranzo a buffet.

 

Quando si parla di “esperienza” nella Chiesa, in catechesi o in pastorale, insistendo su cammini “esperienziali”,  spesso si dimentica che la liturgia è vera esperienza e pertanto la mistagogia non può venire dopo l’Iniziazione cristiana, ma deve esserne parte. Questa è la grande intuizione di Evangelii Gaudium che ha riportato i termini della questione al reale cammino del catecumenato antico quando i catecumeni partecipavano all’eucarestia domenicale tutte le settimane già un anno prima di ricevere il Battesimo, dal momento del Rito di Ammissione al catecumenato, di modo che la liturgia domenicale precedeva addirittura il Battesimo, poiché era per loro l’appuntamento settimanale. Alla Liturgia della Parola in comune seguiva – e deve anche oggi seguire – la catechesi dei catecumeni, mentre il resto dell’assemblea celebrava la seconda parte della Messa, la liturgia eucaristica, per poi trovarsi tutti insieme, catecumeni ed assemblea, alla fine della messa.
Ebbene questa nuova edizione del Messale ci ricorda che la liturgia non è proprietà di qualcuno, ma la riceviamo dalla Chiesa, che via via la modifica, perché è “sua”, perché è della Chiesa e non innanzitutto delle singole comunità. Esse certamente la ricevono dalla Chiesa stessa.

 

Al di là dei punti di vista su questo o quel particolare della nuova edizione del Messale, ciò che ho ritenuto di dover innanzitutto spiegare è questo, che è questo l’atteggiamento giusto: noi siamo partecipi e protagonisti nella liturgia, perché riceviamo un “mistero” e non lo produciamo noi. La follia del nostro tempo è quella di pensare che sei protagonista solo se sei tu a produrre, mentre nella liturgia e nella vita tu sei protagonista perché sei generato in un’esperienza e man mano te ne appropri per condividerla con tutti i fratelli. Sei protagonista perché rispondi ad un dono che è “dato”. E devi rispondere, c’è una parte che è tua, ma non è tuo il “la”.

 

Il Messale e l’intero Anno liturgico con i suoi “misteri” – chiave di volta della catechesi, cfr. il nuovo Direttorio per la catechesi al n. 170[1] – sono un capolavoro, nato da tutte le chiese, nato dal popolo di Dio, dai papi, dai vescovi, dai teologi, dai santi, dall’esperienza viva della Chiesa: sono un capolavoro certamente più grande di Chartres, della Sistina o del Duomo di Milano.

Accogliamo il nuovo Messale, perché sempre la liturgia, la lex orandi lex credendi, ci precede e ci nutre e ne scopriremo via via la ricchezza. Mi ha colpito, in questo senso, un piccolissimo particolare. Leggendo per la prima volta un Prefazio nella nuova Edizione ecco  “per Cristo Signore nostro” e non “per il nostro Signore Gesù Cristo”! È l’esperienza della Chiesa che è stata raccolta, dove tantissimi presbiteri già utilizzavano quella formula per segnare la differenza con l’altra espressione alla quale subito segue “Amen”.
Ecco allora, che non ha la minima importanza se quella determinata preghiera sia di questo o quel vescovo, di questo o quel liturgista e nemmeno, troppo, se sia adeguata o meno, perché il tempo rivelerà le formule che non sono adeguate o che non saranno adeguate. Quando essa è accolta nella tradizione della Chiesa è “di tutti noi” e determinerà la nostra esperienza, costruendola, passo dopo passo.

Noi abbiamo fatto “esperienza” del Dio che si è fatto carne e segno liturgico e vivo.

 

Note al testo

[1] Così afferma: «La catechesi e la liturgia, raccogliendo la fede dei Padri della Chiesa, hanno plasmato un modo peculiare di leggere e interpretare le Scritture, che conserva ancora oggi il suo valore illuminante. Esso si caratterizza per una presentazione unitaria della persona di Gesù attraverso i suoi misteri[1], cioè secondo i principali eventi della sua vita compresi nel loro perenne senso teologico e spirituale. Questi misteri sono celebrati nelle diverse feste dell’anno liturgico e sono rappresentati nei cicli iconografici che adornano molte chiese. In questa presentazione della persona di Gesù si uniscono il dato biblico e la Tradizione della Chiesa: tale modo di leggere la sacra Scrittura è particolarmente prezioso nella catechesi. La catechesi e la liturgia non si sono mai limitate a leggere separatamente i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, ma leggendoli insieme hanno mostrato come solo una lettura tipologica della sacra Scrittura consente di cogliere in pienezza il significato degli eventi e dei testi che raccontano l’unica storia della salvezza. Tale lettura indica alla catechesi una via permanente, ancora oggi di grande attualità, che permette a chi cresce nella fede di cogliere che niente dell’antica alleanza viene perduto con Cristo, ma in lui tutto trova compimento».

 

 

Fonte: gliscritti