Troveremo la giusta via?

Troveremo la giusta via?

Tra il digiuno e l’abbuffata di relazioni troveremo la giusta via?

 

Di Cristina Buonaugurio

 

Chi vive le relazioni in modo vorace non vede l’ora di rituffarsi in mezzo alla gente, chi ama isolarsi vorrebbe crogiolarsi ancora nella quarantena. In questo tempo di ripresa moderata della socialità dosare i nostri rapporti con gli altri significa chiedersi che valore hanno.

 I numeri dei contagi da Covid-19 iniziano a scemare ed è lecito iniziare a pensare al dopo, a quello che succederà quando finalmente potremo uscire di casa non solo per la spesa o per i lavori considerati necessari.

Ho provato a fantasticare sul cosa accadrà allora, immaginando come potranno assaporare questa nuova libertà due tipi di persone: quelle che non desiderano altro che riabbracciare tutti i loro amici e quelle che in fondo così tanta nostalgia degli altri neppure la sentono.

Chiaramente non apparteniamo tutti a queste due categorie, la maggior parte di noi forse si troverà nel mezzo, ma potremmo tutti essere a rischio di assumere, almeno inizialmente, uno di questi due comportamenti: abbuffarci di relazioni sociali o continuare a digiunare dalla presenza – quantomeno quella fisica – degli altri.

I bulimici sociali

Me li immagino in questi giorni: sono quelli che organizzano aperitivi online con amici e colleghi o che in fila al supermercato attaccano bottone anche coi carrelli! Oggi stanno soffrendo più di tutti, perché stare in mezzo agli altri è la loro fonte di ossigeno e probabilmente nemmeno la paura del contagio potrà spegnere il loro bisogno di contatto fisico, quando avremo il via libera per la ripresa delle normali attività.

Sono quelli che organizzeranno feste e reunion, quelli che faranno il giro di parenti ed amici viaggiando in lungo e in largo, quelli che sfrutteranno ogni occasione per vivere una socialità che troppo a lungo è stata loro negata. Vivranno il permesso di stare nuovamente tra la gente in modo vorace. E correranno il rischio di abbuffarsi di compagnia e di relazioni sociali, fino a scoppiare.

Proprio come chi soffre di bulimia nervosa, la quantità eccessiva di relazioni li porterà probabilmente prima o poi ad una repulsione delle stesse, al bisogno di trovare pace nell’assoluta solitudine, che pure temono a tal punto che neanche ora riescono ad assaporarla. Ci sarà chi vivrà in altalena tra il bisogno di stare in mezzo agli altri e la necessità di rinchiudersi in casa da solo. E ci sarà chi, troppo spaventato dalla solitudine, continuerà a cercare di stabilire rapporti con tutti, senza soluzione di continuità.

Ma fino a che punto potrà arrivare? Per quanto l’uomo sia un animale sociale non può vivere solo dentro le relazioni: non sarebbe sano per nessuno! Inoltre non va dimenticato che ci saranno delle regole da seguire, a tutela della nostra ed altrui salute. E con queste regole non sempre i bulimici andranno d’accordo.

Gli anoressici sociali

Dalla parte opposta immagino quelli che oggi si stanno godendo la possibilità di staccare da tutto e da tutti. Quelli che fingono sovraccarichi di rete per evitare riunioni online. Quelli che amano il silenzio della propria stanza e che possono sopportare tutt’al più di incontrare un familiare all’ora dei pasti. Ma anche quelli che si godono i contatti virtuali, con la protezione offerta dagli schermi, e che tutto sommato si trovano bene in questo modo di trascorrere le giornate.

In questi giorni sono sereni, sollevati per il non dover affrontare quello che per loro è un peso più che un piacere: il contatto fisico, lo sguardo dell’altro. Ma temono quello che accadrà alla ripresa delle attività, quando saranno costretti a tornare in mezzo agli altri e non avranno più la scusa del divieto ad uscire di casa per restare rintanati nella loro fortezza privata.

Come fanno gli anoressici con il cibo, centellineranno le porzioni di relazioni sociali. Non andranno alla ricerca di amici e parenti, fatta eccezione per le poche persone con le quali si sentono perfettamente a proprio agio. Alcuni preferiranno continuare a usare la tecnologia per mantenersi in rapporto con il mondo. In questo modo riusciranno a soddisfare la fame di riconoscimento sociale senza sentirsi in pericolo. E le nuove norme sociali che certamente dovremo seguire a difesa della nostra salute saranno per loro fin troppo elastiche, perché la fatica di ricominciare a gestire le relazioni sarà davvero grande.

Ma di certo anche questo modo di rientrare nel mondo sociale non sarà ottimale. Perché nessuno può fare a meno delle relazioni e sentirsi davvero bene con se stesso e, di conseguenza, ci sarà da affrontare la difficoltà di stare in mezzo agli altri, superando ansie e fobie sociali con l’aiuto degli esperti.

La “giusta dose”

Tanto i bulimici quanto gli anoressici sociali, per come me li sto immaginando, sono persone che non avevano un sano rapporto con le relazioni sociali neanche prima dell’emergenza causata dal Coronavirus. I bulimici cercavano già prima negli altri un modo per “tappare” dei “buchi”, per riempire quei vuoti d’amore profondi che sentivano dentro di sé e di cui non sapevano come prendersi cura in altro modo. Gli anoressici fuggivano già prima da un’amore che in realtà non hanno mai sperimentato e che per questo li spaventa, preferendo diventare invisibili piuttosto che affrontare la sfida di mostrarsi ed essere visti nella loro realtà. Nessuno di loro sa cosa significa essere riconosciuto ed amato profondamente per quello che è. E questo rende quasi impossibile vivere in modo autentico qualsiasi rapporto sociale.

Forse pochi di noi rientrano perfettamente in queste tipologie così nette, ma credo che in tanti possediamo caratteristiche che appartengono sia all’una che all’altra o che ci accostano maggiormente ad una delle due. Che fare allora, con questo “bagaglio”, quando dall’emergenza si passerà alla tanto agognata fase 2?

Chiaramente bisognerà capire quali nuove regole saranno imposte e quali comportamenti sociali saranno suggeriti.

E sarà fondamentale rispettarli (credo infatti che questa emergenza ci abbia aperto gli occhi su un’urgenza pedagogica del nostro Paese: l’educazione al rispetto delle regole, che è pressoché nulla laddove chi fa il furbo, invece di essere punito, non solo la passa liscia ma, il più delle volte, viene in qualche modo premiato).

Ma a livello psicologico una cosa è certa: dovremo imparare a dosare la nostra relazionalità. Ognuno dovrà a piccoli passi re-inserirsi nella vita sociale, calibrando la quantità di relazioni che può sostenere in ogni momento sulla base delle proprie caratteristiche pre-emergenza. Logicamente una persona molto socievole farà meno fatica, ma dovrà fare attenzione a non abbuffarsi, mentre una persona timida e riservata dovrà misurare tempi e modalità di ripresa della vita sociale, evitando però di digiunare in un isolamento eccessivo.

Ho idea, però, che ci sarà un altro elemento da considerare per comprendere come vivremo il domani e come dovremo a livello personale “dosare” le nostre relazioni, ossia in che modo stiamo vivendo la “clausura” di questi giorni. C’è una grande – e chiara – differenza tra l’anziano pensionato che vive da solo e il single in carriera che lavora in smart working, così come tra il genitore chiuso in casa con i figli (che magari deve anche lavorare da casa) e quello che ancora esce per andare sul posto di lavoro. E c’è una differenza ancora maggiore tra chi non deve affrontare problemi economici e chi in questi giorni inizia a fare i conti con il denaro che non basta. Tra chi è malato e chi è sano. Cambia ad esempio la preoccupazione riguardo al rischio di contagio, così come cambia il vissuto emotivo circa il periodo di isolamento sociale, per cui cambierà anche il modo in cui sarà percepita la fine di questa prima fase emergenziale: per alcuni il cambiamento (desiderato o temuto che sia) sarà grande, per altri minore; per alcuni sarà una liberazione, per altri equivarrà ad una nuova sfida da affrontare.

E allora è bene non perdere il contatto con se stessi in questi giorni, per comprendere cosa si sta vivendo e per iniziare a pensare al dopo, a ciò che si desidera e a ciò che si teme. Perché la consapevolezza di dove sono è il primo passo per capire in che direzione muovermi.

Pensare al dopo

Cosa significa iniziare a pensare a ciò che sarà?

Ribadisco l’importanza di attenerci a quelle che saranno le nuove indicazioni che ci saranno fornite e che sicuramente ci costringeranno a cambiare almeno in parte le nostre abitudini personali e sociali, imparando a fare i conti anche con ciò che questo implicherà a livello psicologico. Inoltre so bene che ciascuno di noi avrà da affrontare la propria specifica situazione, con le personali conseguenze di quanto accaduto in precedenza: molti avranno da elaborare lutti importanti, vissuti non per colpa loro in un modo inconcepibile fino a due mesi prima, mentre tanti altri si troveranno a dover cercare un nuovo lavoro oppure ad investire tempo ed energie per reinventare la propria attività in un mercato che dovrà trovare nuovo slancio.

Saremo tutti impegnati a fare i conti con qualcosa di ignoto, che ci chiederà di ridefinirci, di ripensare a noi e alla nostra vita in modo nuovo. Per questo, nell’attesa di vivere concretamente ciò che ci aspetta, visto che ancora abbiamo del tempo da dedicare a noi stessi, ritengo importante focalizzarci su quello che siamo oggi e su quello che stiamo imparando da questa situazione.

Il primo passo a mio parere è approfittare della maggiore solitudine per guardarci dentro, riscoprire quelle parti di noi che di solito restano in ombra, contattare tutte le nostre risorse e dare voce ad ogni aspetto della nostra complessità. Si tratta di ricomporre il puzze di noi stessi, come suggerivo nell’articolo Sfruttiamo la quarantena per (ri)conoscere chi siamo. Lo scopo è iniziare a capire chi vogliamo essere domani, come vogliamo vivere le sfide che ci aspettano, a quale parte – magari inascoltata di noi – vogliamo dare spazio.

Ma proprio perché il Coronavirus è andato a toccarci sulla sfera relazionale, credo che sarà quella la sfera che più di tutte potrà trarre vantaggio dallo stop che ci è stato imposto. Quanti di noi non sono soddisfatti dal modo in cui vivono le relazioni? Quanti desidererebbero avere rapporti in cui poter essere autentici ed essere apprezzati senza bisogno di fingersi diversi da ciò che sono? A quanti stanno strette amicizie di convenienza o sentono ormai come peso insostenibile le ipocrisie di cui si nutrono altri legami?

Oggi in modo speciale abbiamo la possibilità di scegliere con chi vogliamo condividere il nostro tempo, non per colmare dei vuoti, ma per poter vivere una fruttuosa interdipendenza. Possiamo scegliere chi evitare, senza fuggire nell’isolamento, ma dando spazio a rapporti che siano veramente nutrienti. E possiamo scegliere chi vogliamo essere noi per gli altri, liberandoci da condizionamenti e fardelli legati al passato. Quello che è successo nelle nostri reti sociali nei giorni trascorsi in casa, infatti, sarà un’utile guida per scegliere con chi assaporare le prossime avventure, ma potrà anche dirci cosa di noi va cambiato se vogliamo essere persone con cui vale la pena passeggiare nel mondo.

 

 

Fonte: Aleteia