Dell’elemosina e del suo retto uso

da | 16 Ott 2018 | La buona parola

Di don Andrea Lonardo

Il silenzio sull’elemosina deve essere rimosso. Pochi orientamenti vengono offerti e, invece, ognuno ne ha bisogno.

L’elemosina è bella ed appartiene al messaggio di Gesù che annuncia che anche un bicchiere d’acqua fresca dato a qualcuno appartiene al Regno.

Non è sufficiente l’impegno per la giustizia sociale: il mondo non sarà mai pienamente giusto fino al Giudizio finale (che è necessario esattamente per questo). L’elemosina è un segno di amore personale che ha valore anche se è impossibile risolvere alla radici i problemi di colui che riceve la carità.

Chi è parroco sa bene che il numero di persone che si rivolge ad una comunità cristiana per un aiuto in denaro o informe diverse è in aumento. Sa, al contempo, che la metà di coloro che chiedono un aiuto appartiene in realtà ad un racket che vive sfruttando mendicanti e inviando persone a girare di luogo in luogo con false richieste, che cambiano di giorno in giorno, secondo parole d’ordine che vengono dettate altrove.

Io consiglio a chi vuole aiutare chi chiede l’elemosina di legarsi innanzitutto ad un Centro d’ascolto di una delle Caritas parrocchiali.

Spessissimo chi appartiene al racket o vive di accattonaggio, pur potendo in realtà lavorare, si presenta con richieste che sembrano urgentissime: “Entro 12 ore debbo raggiungere mio figlio malato che è in Svizzera ed ho bisogno di soldi per un biglietto”, “Mi si è appena fermata la macchina ed ho bisogno di 50 euro per il pieno, perché sto correndo ad aiutare una persona”, “Entro domani debbo pagare una rata di una tassa, altrimenti mi sarà staccato il gas ed ho due bambini”. L’esperienza insegna che il 99,9% queste richieste sono false e che la persona si ripresenterà 5 minuti dopo ad una nuova persona con un’identica richiesta e così via, giorno dopo giorno, modificandola non appena è divenuta troppo nota.

Il Centro d’ascolto della Caritas ha la missione di accogliere la persona e le chiede di poterla visitare a casa, la aiuta a considerare la situazione globale, le offre un aiuto più radicale, intervenendo con un avvocato, un esperto di pensioni, un medico, ecc. Generalmente, non appena si offre a quel 50% di persone che appartiene al racket o alla mendicanza istituzionalizzata un aiuto di questo tipo, esso lo rifiuta, perché non intende realmente essere aiutata. Invece, con il restante 50% delle persone si apre un dialogo vero e l’aiuto diviene non solo quantitativamente molto maggiore, ma soprattutto più incisivo e legato ad un rapporto personale che si sviluppa.

Si può allora dire ad ogni mendicante del proprio quartiere, fermandosi a dialogare con lui, di rivolgersi in primo luogo al Centro d’ascolto di una parrocchia – la propria o quella che si è scelto di aiutare – insistendo sul fatto che la comunità cristiana lo aiuterà in maniera consistente (e ciò deve esser vero), perché le persone entrino in una relazione più profonda.

La scommessa è quella di far crescere in ogni comunità un vero ascolto dei poveri, dove fiorisca uno spazio sereno e riservato per poter aiutare veramente chi è nel bisogno.

Un’alternativa a questo è di decidere di seguire una ben determinata persona conosciuta per strada, accompagnando l’elemosina con una progressiva frequentazione.

Faccio un esempio concreto: in parrocchia un giovane creò nel tempo una relazione con un lavavetri del Bangladesh e, mattina dopo mattina, creò un rapporto con lui al punto da invitarlo al campo estivo del giovani della parrocchia, lui che non era nemmeno cristiano. L’esperienza fu ricca e un rapporto casuale divenne una vera relazione di conoscenza e sostegno. Dare solo l’elemosina ora qui ora là lascia un po’ il tempo che trova.

Non si deve avere paura, una volta scelto di aiutare giorno dopo giorno il Centro d’ascolto di una parrocchia o una determinata persona, di dire: “Io aiuto in questo modo, io aiuto il povero che dorme per strada nel luogo x, io aiuto i lavavetri del semaforo x”, dinanzi ad una richiesta di aiuto da parte di un altro: non possiamo aiutare tutti – questo deve essere chiaro -, ma non è inutile dire che noi già aiutiamo qualcuno. Potrà non essere capito, ma è la verità e non è poco.