Nel mondo ma non del mondo

da | 8 Mag 2018 | La buona parola

Essere santi nel mondo di oggi: una sfida controcorrente

Essere santi vuol dire essere santi oggi: è nell’oggi della storia che si concretizza la chiamata di Dio ed è nel momento attuale che si inserisce il nostro combattimento contro “i dominatori di questo mondo tenebroso” (Ef 6,12), cioè contro il Maligno. Come il Papa ci ricorda nell’Esortazione, la santità è un continuo vegliare, essere attenti e forti davanti agli attacchi del male, che ci inclinano verso l’individualismo, la negatività, la tristezza, la pigrizia.
Come affermava il teologo protestante Bonhoeffer nel 1929, “La terra resta nostra madre, come Dio resta nostro padre, e solo chi rimane fedele alla madre sarà da lei posto nelle braccia del padre”: la santità non è un fluttuare dolce al di sopra delle avversità, ma è un costante sporcarsi le mani con quella terra, con quel fango che Dio stesso, nella creazione, ha elevato fino a renderlo idoneo ad accogliere il soffio vitale, secondo il racconto della Genesi.
È vero, il mondo ha altri parametri, altre certezze e non accetta di cambiare orizzonte: anzi, perseguita chi la pensa diversamente; ma è proprio in questa dinamica di persecuzione che si realizza la testimonianza.

Papa Francesco esorta a vivere le piccole o grandi persecuzioni quotidiane con lo spirito di pazienza, senza ira o vendetta: la risposta cristiana è non resistere al male!

Purtroppo, anche tra noi cattolici, per difendere le proprie posizioni, alcuni utilizzano un linguaggio violento, offensivo, ergendosi a giudici degli altri e confondendo la fermezza con la superbia.
Non siamo chiamati a difendere principi in quanto tali, ma a essere luce e sale per l’umanità che ha perso l’orizzonte di senso.

Perciò, prima di parlare, dovremmo mostrare la novità cristiana: il primo annunzio del Vangelo deve essere la gioia che traspare dai nostri volti.

Siamo consapevoli che “ci sono momenti duri, tempi di croce, ma niente può distruggere la gioia soprannaturale, che si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto”.
Bisogna, tuttavia, discernere quale sia la fonte della vera gioia, perché gli inganni del Maligno sono molto sottili e cadere in false soddisfazioni è facile.
Tra i tanti criteri per comprendere se la felicità provenga da Dio, Papa Francesco ci propone quello della condivisione: se la nostra è una gioia che si comunica agli altri, una gioia che fonda relazioni fraterne, allora siamo sulla buona strada.
Proprio la comunità è il metro con cui possiamo confrontarci: San Giovanni della Croce esortava a lasciarsi lavorare ed esercitare nella virtù da parte degli altri.
È nella comunità degli apostoli riunita nel Cenacolo che appare il Risorto ed è proprio su quel gruppo che scende lo Spirito Santo.

Perciò, le dimensioni del combattimento interiore, che forma sulla via della santità, sono la gioia, la comunità e, infine, la testimonianza.

Se la società attuale propone il consumismo e l’apparenza, la via della santità ci porta alla ricerca dei piccoli dettagli di carità, che danno significato alla vita; se la società propone la chiusura del cuore alle necessità del fratello, la santità ci chiama a farci prossimi; se la società propone l’isolamento individualista, la santità ci apre alla comunità; se la società ci propone una vita disperata, allora è il momento perché, da cristiani, diventiamo l’icona della speranza.

Andrea Miccichè