18^ Domenica del Tempo Ordinario

2 agosto 2020 – Anno A

Vangelo di Matteo 14, 13-21

Commento di suor Patrizia Colombo, FMA

 

La liturgia di questa domenica ci propone uno dei brani più noti e raffigurati della vita di Gesù, conosciuto come il brano dei “cinque pani e due pesci”. Tanto si è detto a commento di questo testo e tanto ancora lo Spirito Santo continuerà a suggerire; io vorrei soffermarmi su un particolare che ritorna più volte, anche se non è il cuore di questo brano.

Ciò che precede immediatamente questi versetti e che apre il cap. 14 del Vangelo secondo Matteo inizia con queste parole: “In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui».” (Mt 14,1-2).

Erode ascolta quel che accade, sente la notizia della fama di Gesù e capisce qualcosa, non molto, non in modo corretto, non incontra in questo contesto Gesù, ma quel che apprende lo spaventa, perché lo riporta alla verità della sua vita e dei suoi atti e questo fa saltare la sua logica, non riesce neppure più a ragionare: “Che sia tornato in vita Giovanni? Eppure io l’ho fatto uccidere!”.

Seguono poi i versetti della liturgia odierna che, per ben due volte, ci parlano di azioni che sono la conseguenza dell’ascolto della realtà.

Ecco che troviamo Gesù che, udito quanto era successo a Giovanni (v.13), si ritira in un luogo deserto, in disparte. Gesù ascolta la realtà e comprende. È come se quanto accaduto a Giovanni, agli occhi di Gesù sia un presagio di ciò che tocca in sorte a coloro che parlano in nome della Verità. Gesù ha bisogno di stare in disparte, in un luogo deserto, forse per pregare, per rimanere cuore a cuore con il Padre, per rielaborare il dolore per la morte di Giovanni… Forse tutto questo ed altro ancora, non sappiamo, ma colpisce il fatto che Gesù ha udito, ha ascoltato quel che è accaduto e ha capito qualcosa che, sappiamo, sfugge alla logica umana.

E poi la folla che “ha saputo” (v.13), ha avuto notizia, ha sentito parlare di Gesù, ha saputo dove si trova e gli va incontro perché ha visto la realtà; forse non ha capito come, ma sa che Gesù può guarire dai mali e perciò lo cerca. Questi uomini e donne seguono Gesù senza preoccuparsi, senza ragionare sul fatto che si sarebbero trovati in un luogo deserto a tarda sera. Anche qui salta la logica, c’è qualcosa di più forte che attrae.

Gli unici che sembra non abbiano ascoltato la realtà, non abbiano “sentito” la notizia giusta, sono gli apostoli che intervengono preoccupati per il cibo. Non solo, intervengono dando già delle soluzioni, per altro ragionevoli e plausibili: “Congedali perché vadano nei villaggi a cercare da mangiare” (v.15), ma sempre soluzioni solo basate sulle logiche umane.

Gesù vede la folla e prova compassione, non può fare a meno di incontrare le persone, di farsi loro incontro. Forse anche gli apostoli sono sinceramente preoccupati per la gente, veramente cercano il bene, cercano di andare incontro ai bisogni, ma, invece che affidarsi a Gesù, invece che domandare a lui cosa fare, invece che dare credito al fatto che Dio può tutto, che Gesù ha a cuore ogni fratello e ogni sorella più di quanto possa stare a cuore ai discepoli stessi, esordiscono già con la soluzione, come se fosse la prima volta che stanno che Gesù, come se non avessero visto e udito cosa lui può fare. Certo che c’era bisogno di dare da mangiare alla folla, certo che la situazione era difficile, certo che si stava facendo tardi, certo che loro non avevano che poche risorse, ma partono già con le soluzione, anzi, con i “suggerimenti” per Gesù, senza chiedere a lui cosa fare, senza rimettersi nelle sue mani, senza “portare a Gesù” tutto quello che hanno e che sono (v.18).

Forse è quanto capita anche a noi, specie di questi tempi. Non si tratta di essere ingenui o superficiali o fatalisti di fronte alle difficoltà, ma, forse, di ridare a Dio il primo posto, di saper ascoltare la realtà, capire il bisogno della gente e ricordare i miracoli che Dio non ha smesso di compiere, di mettere le nostre domande nelle sue mani prima ancora di cercare le risposte, di radunare tutte le risorse, ma proprio tutte le risorse, anche quelle che sembrano più inutili e povere, e da tutti e di affidarle a Dio, aperti alla novità che Lui saprà indicare, consapevoli che è Lui a salvare la storia e a “sfamare” il suo popolo (v.20). Anche se questo fa saltare a volte le nostre logiche “onestamente preconfezionate”. Del resto, questo è lo stile degli innamorati e noi vogliamo essere innamorati di Dio e della vita di tutti i suoi figli.