4^ Domenica dopo il martirio di San Giovanni

20 settembre 2020 – Anno A

VANGELO di Giovanni 6, 24-35

Commento di suor Chiara Papaleo, FMA

 

Il clima di questa pagina di Vangelo sembra quasi fare da eco a quella della Samaritana, con la differenza che al capitolo IV era messa a tema l’acqua e la sete insita nel cuore dell’uomo, qui il pane e la fame che ci fa cercare Gesù.

Mi soffermo su due spunti:

In primo luogo, le prime battute di questa pericope: la folla non trova Gesù, è confusa. I discepoli non sono lì dove dovrebbe esserci il Pane vivo, e le folle non riescono a trovarlo. Un dettaglio, apparentemente; e invece ci svela molto del nostro essere cristiani: se io non sono là dove è il Pane vivo, difficilmente potrò portare a Gesù chi mi sta accanto. Il Signore è là dove c’è fraternità. Se i discepoli non vivono l’Eucarestia, non avranno le forze per abbracciare la fraternità e le folle non potranno vedere e trovare il Signore. Semplice e illuminante!

Tuttavia – e arrivo al secondo spunto – cosa cerca la folla, cercando Gesù? In verità, non cercano Gesù, bensì il pane che Gesù fornisce.

E noi, perché cerchiamo Dio? A volte, lo cerchiamo solo per colmare i nostri bisogni (il che non è sempre un male), altre volte, quando stiamo bene, andiamo in cerca di sensazioni e di emozioni, così andiamo in crisi perché “Non sento più Dio”, eppure qui Gesù ci insegna che: “la religione non è cercare le sensazioni su Dio, prima le cose che ci deve dare, poi le sensazioni, poi un certo senso di benessere spirituale. Dio si rifiuta di dar queste cose, queste le dà piuttosto il diavolo. Dio vuol creare semplicemente relazioni di fiducia tra noi e lui, gli credo sulla Parola; e quindi di fiducia nei fratelli: questo è Dio. Non quello che ti dà sensazioni, vibrazioni”. (S. Fausti).

San Francesco di Sales diceva, sapientemente, che spesso noi cerchiamo i suoi doni e non il Donatore. Allora, forse, non è che non senti più Dio, semplicemente non è lì! Gioca a nascondino, il Signore, quando ci illudiamo di cercare Lui e invece stiamo solo appagando il nostro egoismo. Non basta credere di cercare Dio, bisogna smettere di cercare anzitutto i suoi doni. Dobbiamo cercare Dio per Dio, dicevano S. Teresa d’Avila e San Giovanni dalla Croce, dobbiamo cercare la relazione con Dio, e non ciò che Dio ci dà.

E qui la domanda si fa più profonda: ho fede in Dio o in quello che Dio mi dà?

Perché se io ripongo la mia fede in quello che Dio mi dà, allora la mia fede perisce in fretta tanto quando il pane, e insieme con lei perisco anche io, perché sono avido, avida di cose e dimentico ciò che mi tiene in vita: la relazione! Col Padre, certo, ma anche con chi mi è più prossimo: madre, padre, marito, moglie, sorelle, fratelli, amici!

Sì, perché ciò che ci fa vivere, ci dà vita, e ci dà vita eterna è la relazione!

Infatti, avere fede non significa credere che Dio esista, avere fede significa credere che Dio mi ama, e mi ama perché mi conosce, perché entra in relazione con me! Cosa me ne faccio io di un Dio che esiste se non mi ama?

Analogamente, il banco di prova della nostra fede non è quante preghiere diciamo, ma come viviamo la carità con chi abbiamo accanto, in definitiva, come viviamo le relazioni, quanto sappiamo metterci a servizio, insomma, quanto sappiamo amare!

Questo è il nutrimento del pane vivo: ci fa come Lui, e Lui è solo amore. Gesù, lasciandoci mangiare, ci sfama di amore e ci insegna ad amare.

Ecco perché non dobbiamo stancarci di cercarlo! Potrebbe mancarci qualunque cosa, perfino il necessario, ma se ci nutriamo della relazione con Dio e sfamiamo anche gli altri di questo stesso Pane, la nostra vita non sarà certo facile o senza problemi, ma avremo guadagnato e regalato il Paradiso.