Dar da mangiare agli affamati e dar da bere agli assetati

Durante la cena, si alzò da tavola, depose le vesti…
Prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita.
(Gv 13,2.4)

La consueta riflessione sulla Comunità Educante esce il 24 di ogni mese e nello specifico del mese di marzo, tale giorno è Giovedì Santo.

L’ultima cena

Nel giorno che apre il triduo pasquale in cui Gesù celebra la Pasqua con i suoi, la liturgia ci regala una delle pagine più belle del Vangelo: l’ultima cena, momento nel quale Gesù si dona a noi. Questo evento, l’evangelista Giovanni ce lo racconta più di 70 anni da quando è accaduto, eppure in lui lo Spirito riesce a suscitare una delle pagine più intense del Nuovo Testamento. All’ultima cena, Giovanni aggiunge la descrizione di un gesto che ancora oggi suscita emozione  e la sintesi più scomoda di tutto il messaggio cristiano. Ci riferiamo alla lavanda dei piedi.
Il farsi pane e vino, per la vita di tutti, affinché  chi ha fame possa mangiare e chi ha sete possa bere, nel quarto Evangelo si arricchisce con il gesto di Colui che serve.

Gesù educa la sua comunità con l’esempio dell’amore fatto servizio. Tutto il capitolo 13 è intessuto di questa pedagogia, nel gesto del lavare i piedi viene fuori lo stile del servizio e lo stile di Colui che educa al servizio. Siamo in uno scenario di forte e intensa umanità. Gesù sta consegnando la sua vita stessa e con la lavanda dei piedi ci mostra come anche noi siamo chiamati a consegnarci reciprocamente l’esistenza, in un servizio che nasce e matura dentro una relazione umanizzante, capace di restituire dignità e valore alle persone. Eppure il gesto del lavare i piedi a qualcuno è ilo gesto dello schiavo, dello scarto umano che si abbassa verso chi conta di più…

Ma a compierlo è il Maestro e se lo fa lui, allora dobbiamo farlo anche noi. Questa reciprocità, più intensa ed efficace di molte parole, diviene un vero e proprio cammino formativo per l’intera comunità degli apostoli. Gesù in questo Giovedì Santo con una concretezza inaudita, ci mostra lo stile di chi educa e serve; ciò che deve diventare lo stile della Comunità Educante. Giovanni racconta il gesto che sta per compiere Gesù  dicendo che  “depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita”.

A gesto compiuto, però  racconta che  “Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti e sedette di nuovo”.
E l’asciugatoio, quella sorta di grembiule che si è messo come ci si mette una divisa da lavoro, dove è finito?
Una svista del redattore del testo, oppure il tralasciare volontariamente un dettaglio inutile qual è un asciugatoio intorno alla vita?

Ne l’uno ne l’altro, ma più semplicemente e concretamente, quel grembiule, Gesù se lo è portato addosso fin sulla croce. Quel suo abito di servizio è il suo stile; è il motivo del suo essere venuto sulla terra.
Del resto è Gesù stesso che dice “Io sto  in mezzo a voi come colui che serve” così come ce lo riporta nel suo Vangelo , l’Evangelista Luca al Capitolo  22.

Una comunità educante che non fa suo lo stile di “Colui che serve” e che non si nutre della Parola e del Pane di Colui che non è venuto per essere servito ma per servire (cfr. Mc 10, 32-45) non nutre e non alimenta, non crea relazioni umanizzanti, non favorisce l’Annuncio. Il Giovedì santo è la Pasqua, è il desiderio ardente e profondo di Gesù di celebrare la Pasqua con i suoi. Un desiderio che si fa concreto nelle parole e nei gesti che questo evento racchiude, in quella consegna di sé che è promessa di vita.
Per potere “dare vita”, una Comunità Educante è chiamata a dare sé stessa da mangiare (cfr. Mc 6,37) a mettersi continuamente in gioco, senza riserve per saziare la fame e la sete di Dio che i giovani portano dentro di sé. Ed ora diamo uno sguardo ai nostri santi: la grande paternità di Don Bosco che trasuda dalle “Memorie dell’Oratorio” e la profonda e feconda maternità di Madre Mazzarello, che affiora nelle tenere lettre alle sue consorelle.

La loro vita è stata un continuo “piegarsi” senza mai togliersi il grembiule, sui giovani, sulle consorelle, sul mondo, fino all’ultimo respiro, per essere come Colui che serve e che spezza il pane e versa il vino. Così sia per ciascuno di noi. Questo è il  nostro augurio e la nostra preghiera.

Buona Pasqua!