Un tesoro da consegnare #perlavitadeglialtri

da | 14 Ott 2018 | La buona parola

di Sr Chiara Papaleo

Teresa Sánchez de Cepeda y Ahumada de Ávila, o – più semplicemente – Santa Teresa d’Avila: un’infanzia tra i libri di cavalleria da una parte, e i folli desideri di immolarsi per la fede dall’altra, poi la scoperta della vanità nell’adolescenza, fino all’incontro con la realtà del monastero per mettere a tacere le malelingue circa una relazione con un cugino.

La scoperta della vocazione alla consacrazione religiosa, la malattia, vent’anni di buio e di aridità, fino all’evento-chiave della sua vita: la vera conversione davanti a un’immagine di Cristo crocifisso e piagato.

Ecco allora il desiderio di radicalità, il progetto di Riforma, il primo monastero riformato, il San José, in mezzo a tutta la diffidenza del popolo e delle monache rimaste al vecchio monastero e un susseguirsi di viaggi per le nuove fondazioni e amicizie spirituali molto profonde.

Una vita ardentemente mossa dalla passione e dal desiderio di comunicare Cristo e Cristo soltanto. Un’ambizione che da cinque secoli accompagna l’uomo oltre le mura di quella clausura, per sfiorare gli abissi dell’intimità più profonda con Dio. Fu esattamente questo impeto che le permise non solo di consegnare alla letteratura un nuovo genere, ma soprattutto all’umanità un tesoro assai prezioso: un nuovo modo, radicale e totale, di relazionarsi con Dio, e quindi di pregare, partendo dalla rappresentazione di Cristo dentro di sé fino a giungere alla presenza sperimentale di Cristo in sé.

Ora, l’esperienza mistica è per sua natura intima e segreta come nessun’altra nell’uomo. A nulla valsero le raccomandazioni di San Giovanni della Croce, il quale disse a Teresa di non raccontare assolutamente ciò che accadeva nel suo cuore con Dio, anzi di tacerlo così come una sposa tace quello che le accade nell’intimità col marito. Teresa sapeva di dover rispondere a quell’impeto comunicativo che in lei si era fatto vocazione e missione, poiché conosceva il valore apostolico della sua testimonianza. Così, superando ogni inibizione, solca acque mai navigate prima.

All’interno dell’apparente paradosso di voler comunicare l’incomunicabile vissuto interiore con la parola, leggiamo la passione di Teresa per la libertà, l’ampiezza dei suoi desideri e la sua determinazione ad affermarli e soprattutto a comunicarli, ed è per questo che conservano ancora tutta la loro forza dopo quasi cinque secoli.

Teresa era una donna profondamente libera proprio perché ha conosciuto a pieno il suo tempo, innalzandosi sopra ogni disinganno.

Forse, più di qualsiasi altra cosa, l’esperienza mistica è un cammino la cui meta è la libertà interiore, che Teresa conquista nei più disparati ambiti della vita: quello personale, in quanto è libera dalla misoginia che soffocava le donne sue contemporanee; quello comunitario, che la rende ostinata nei suoi progetti nonostante il mormorio che le gira attorno; e quello sociale, con il rifiuto del potere abbracciando il regno della povertà, nella convinzione che servire è regnare davvero.

Libertà che Teresa ci dimostra anche con la scrittura, attraverso la quale, con rispetto e delicata ironia, non teme di dire ciò che pensa, perché sa di non essere determinata dall’immagine di lei che gli altri possono restituirle.

Forse ancora oggi leggiamo santa Teresa perché ognuno di noi sogna di godere di quella invidiabile libertà che porta a guardare le cose dall’unico punto di vista che svincola, ossia dall’alto, con una sana indifferenza al bisogno di apparire e al parere del mondo.

Quella di Teresa è un’esperienza che nasce dal profondo dell’animo umano, eterno e immutabile in un mondo sempre in moto; è una missione #perlavitadeglialtri che supera il tempo e lo spazio in cui è nata: si perpetua ancora oggi e parla alle nostre vite, continuando a seminare nei cuori un’infinita sete di Dio.