Essere educatori: delusione e sfida

Di Riccardo Deponti

L’esperienza come educatore in oratorio, come catechista di un gruppo di adolescenti è sempre una sfida. Già educare in sé è la sfida più grande che un ragazzo, giovane, adulto vive prima “ricevendo”, e poi “dando, donando”.
Ma come è educare gli adolescenti oggi?

È una sfida molto difficile.
Cercare di lanciare una provocazione, lasciare un messaggio, sperare che i ragazzi affidati possano tornare a casa con anche solo una parola da un incontro settimanale… Provare a insegnare quel “qualcosa” che un certo Gesù disse qualche migliaio di anni fa, in un contesto storico, politico, geografico totalmente differente e provare a tradurlo nei giorni nostri, nel linguaggio che usano gli adolescenti oggi, nel far breccia tra i loro interessi.
Perché non basta leggere una lettura, raccontare un insegnamento.
Devono provarlo in prima persona, farlo loro.

È una sfida che a volte ti porta a una sconfitta. Perché educare è fatto anche di questo. Piccole sconfitte. E allora cosa possiamo fare?

Spesso è disarmante vedere il disinteresse, la mancanza di rispetto, il sentirli già vissuti delle esperienze.
E anche quando li si mette di fronte alla loro fragilità si nascondono dietro una maschera di irriverenza e superiorità. Ma è una maschera di fragilità. Che nella vita vera rischia di sbriciolarsi.

Fare l’educatore oggi è una sfida nel trovare qualche canale comunicativo che non deve essere semplice per noi, ma che arrivi diretto a loro, una sfida nel parlare la loro lingua, nell’andargli incontro.
Ma anche questo spesso non basta.

Le sfide si vincono, ma anche si perdono? E allora? Che fare?

Si potrebbe reagire a caldo. Decisioni drastiche innescate dall’irruenza, dalla delusione, dal non riuscire a vedere una risposta agli sforzi. Si potrebbe lasciare perdere. È semplice, facile. Ma loro? Cosa ricevono dalla sconfitta?

Forse è in questi momenti che non solo l’educatore, ma tutte le persone vicino devono attuare quelle scelte, quei “no”, quegli esempi che possono aiutare questa età fragile già di suo. A volte anche il lasciare perdere può essere l’arma che da una provocazione, uno stimolo. Oppure prendersi del tempo, pregarci su.
Trovare un giusto discernimento perché alla fine ci tieni ai ragazzi e vorresti solo il bene per loro. E a mente fredda e confrontandoti arriva spesso la possibile soluzione.

Magari qualcuno non la comprenderà, non l’accetterà e lo vedrà sempre come una soluzione esagerata. Ma a questi ragazzi servono anche queste soluzioni. È sempre una sfida.

E tu, nel tuo piccolo, nella tua famiglia, nella tua cerchia di amici, come educhi?
Come sei d’esempio?

Riccardo, Elena & Mauro,
Chiara, Nicola e sr Lucia Brasca