Domenica nell’Ottava del Natale

da | 28 Dic 2019 | Commento al vangelo

Domenica nell’Ottava del Natale

da | 28 Dic 2019 | Commento al vangelo

29 dicembre 2019 – Anno A

Vangelo di Giovanni 1, 1-14

COMMENTO di suor Graziella Curti, FMA

Siamo all’inizio dei tempi, alle radici della storia. Lo spettacolo della Creazione sta per cominciare. Nel silenzio dell’universo in attesa, si ode una parola. È come l’aprirsi di un sipario all’inizio di un’opera. Il tema musicale si annuncia nel silenzio delle cose.

I servitori della Parola, lungo i secoli, hanno usato immagini significative per esprimere nel modo più adeguato possibile il sacro “in principio” narrato nel Prologo del vangelo di Giovanni, ritenuto la più acuta interpretazione dell’evento Gesù:

“Leggendo questo inno si ha l’impressione di essere trasportati a volo d’aquila verso un luogo elevatissimo eppure domestico, quasi fosse il nostro nido dove ci sentiamo a nostro agio come a casa. È infatti nella Parola rivolta al Padre che troviamo la nostra patria, il Padre stesso”.

“Questo testo è un abisso di luce, una cascata di illuminazioni che fanno segno, che indicano come Dio ha voluto entrare nella storia e diventare uomo tra noi umani”.

“Accostandosi al Prologo di Giovanni, si ha l’impressione di aggirarsi ai piedi di un massiccio altissimo, che va oltre le nubi. Oltre il cielo stesso”.

Non è possibile affrontare questo testo senza un po’ di poesia, di immaginazione. Senza abbandonarsi a quella contemplazione che va oltre la percezione materiale dei termini e accompagna il pensiero verso il mistero.

Tra le note di questa armonia infinita si ripetono due elementi: parola e luce.

Una parola che è vita, un Verbo che ha creato tutte le cose “Tutto accadde per mezzo di lui e senza di lui non accadde nulla”. Il Verbo/Parola accompagna tutta la creazione all’essere e alla salvezza. Giovanni narra la dimora del Verbo in Dio, fin dall’eternità, ne presenta l’intimità di vita con il Padre e la sua natura divina.

L’argomento del Prologo è dunque la Parola che si fa carne in Gesù Cristo e viene a dimorare tra noi. Diventa uno di noi.

L’evangelista continua a raccontare. Nel fare memoria, compie un salto di secoli. Ecco che nello spettacolo, grandioso e tacito, della creazione, appare un testimone della Parola: Giovanni Battista. In lui Parola e luce si identificano. Ma, quest’uomo di cui il Cristo ha detto che “non ce n’è un altro così grande tra i nati di donna”, non è lui la luce. È solo il precursore. “È venuto per testimoniare sulla luce”, cioè ha nel cuore la Parola per proclamarla a tutte le genti, lungo i secoli della storia.

L’evangelista ha tentato, con parole umane, di narrarci Dio. Al termine del Prologo, lascia che sia Gesù stesso,  il sacro ermeneuta, a mostrarci la sua intimità assoluta con il Padre.

A questo punto, qual è il compito che spetta a noi che abbiamo cercato di intuire il mistero?

L’atteggiamento umile e abbandonato dell’ascolto della Parola ci può rendere figli del Padre. Sarà lo stesso Spirito, invocato come “più intimo a noi di noi stessi”, ad accompagnarci nella ricerca di una vita buona in un dialogo senza fine con l’invisibile Dio.