Buon Natale 2021

Figli amati e chiamati

 «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,5)

 

«Sei Tu, Gesù, il Figlio che mi rende figlio.
Abbracciando Te, Bambino della mangiatoia,
riabbraccio la mia vita.
Accogliendo Te, Pane di vita,
anch’io voglio donare la mia vita.
Tu che mi salvi, insegnami a servire.
Tu che non mi lasci solo,
aiutami a consolare i tuoi fratelli,
perché Tu sai: dalla notte santa sono tutti miei fratelli

Sono le parole dell’omelia di Papa Francesco nella notte di Natale dello scorso anno.

Il Papa ci ricorda che «Dio viene al mondo come figlio per renderci figli di Dio. Dio ci meraviglia e dice a ciascuno di noi: “Tu sei una meraviglia”. Sorella, fratello, non perderti d’animo. Hai la tentazione di sentirti sbagliato? Dio ti dice: “No, sei mio figlio!” Hai la sensazione di non farcela, il timore di essere inadeguato, la paura di non uscire dal tunnel della prova? Dio ti dice: “Coraggio, sono con te”. Non te lo dice a parole, ma facendosi figlio come te e per te, per ricordarti il punto di partenza di ogni tua rinascita: riconoscerti figlio di Dio, figlia di Dio. Questo è il punto di partenza di qualsiasi rinascita. È questo il cuore indistruttibile della nostra speranza, il nucleo incandescente che sorregge l’esistenza: al di sotto delle nostre qualità e dei nostri difetti, più forte delle ferite e dei fallimenti del passato, delle paure e dell’inquietudine per il futuro, c’è questa verità: siamo figli amati

Siamo stati resi figli dal Bambino che è nato povero, mite e umile per farci rinascere in Lui; che ha abbracciato la nostra debolezza per salvarci. Allora il Natale è il tempo della nostra rinascita: Il Signore rinnova la nostra vita, rigenera la bellezza e fa rinascere la speranza. Questo è il dono della nascita di Gesù, che nessuna pandemia potrà impedire!

Il Papa ci ricorda, inoltre, che «un figlio fa sentire amati, ma insegna anche ad amare. Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri

 

Maria, dopo aver dato alla luce Gesù, lo ha avvolto in fasce e lo ha deposto nella mangiatoia. «Nel gesto di avvolgere in fasce il suo bambino, i Padri della Chiesa hanno riconosciuto una sintesi di tutti i gesti di cura che certamente Maria ha prodigato al Figlio non soltanto nella sua prima infanzia, ma lungo tutto il corso della vita.» Allora come oggi, la mamma nutre il suo bambino, lo lava, lo veste, lo culla per farlo dormire; quando il bambino diventa adulto, il modo in cui è stato toccato, accudito, nutrito, si riflette nella sua capacità di incontrare e di prendersi cura degli altri. «Guardando a Gesù, così come ci viene presentato dai Vangeli, riconosciamo in lui la capacità di toccare con amore e di lasciarsi toccare, di nutrire e di lasciarsi sfamare, di dissetare e di lasciarsi dissetare» come ha visto e vissuto in famiglia (Sr Linda Pocher).

 

Anche noi siamo chiamati a prenderci cura dei fratelli. E in questo particolare momento storico, segnato dalle conseguenze della pandemia, sentiamo più che mai il bisogno di una fraternità che sappia prendersi cura degli altri.

Papa Francesco ha offerto un’indicazione semplice, alla portata di tutti, per aver cura degli altri: “Essere gentili”! E ne ha delineato le diverse espressioni: «come gentilezza nel tratto, attenzione a non ferire con le parole o i gesti, tentativo di alleviare il peso degli altri, dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano (…) Ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza. Questo sforzo, vissuto ogni giorno, è capace di creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti». (Fratelli tutti, 223-224).

Anche l’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, nel Discorso alla città 2021, ha sottolineato che la gentilezza è «quell’espressione della nobiltà d’animo in cui si possono riconoscere la mitezza, la mansuetudine, la finezza nell’apprezzare ogni cosa buona e bella, la fermezza nel reagire all’offesa e all’insulto con moderazione e pazienza (…) è il tratto necessario a creare un clima costruttivo e a rendere più sciolti i compiti, le responsabilità, il lavoro quotidiano di noi tutti. La gentilezza si esprime nel trattare gli altri con rispetto, nell’apprezzare il bene che si compie, nel ringraziare per il lavoro ben fatto.»

Tutti possiamo essere gentili. Dio è gentile con noi e ci aiuta ad esserlo.

Glielo chiediamo per questo Natale:

 Guidaci Tu, luce gentile,
rischiara le tenebre dell’umanità
e dona a noi, figli amati,
la capacità di vedere con il cuore i nostri fratelli
e di prenderci cura di loro con gentilezza.
Diventeremo stelle in mezzo all’oscurità!

BUON NATALE!

Suor Stefania Saccuman, Ispettrice

 

Il dipinto “The nativity” di Arthur Hughes (1832-1915) raffigura Maria mentre avvolge il suo bambino in fasce. Hughes sottolinea la tenerezza e la cura con cui Maria svolge que­sto suo compito, richiamando il suo essere madre per la prima volta, e così l’espressione del viso e i gesti fanno trapelare, seppur con discrezione, le consuete pre­occupazioni di una giovane ma­dre alle prime armi. Maria è aiutata, nel suo compito, da due angeli, men­tre altri tre la osservano dall’alto. Maria non è sola: sia lei che il suo bambino saranno sempre vegliati da Dio.