La dittatura dell’immediato

da | 26 Ott 2020 | Genitori

Di Chiara Tintori

 

Quando i genitori di una III liceo scientifica milanese decidono di fare un gruppo WhatsApp, per favorire la velocità delle comunicazioni, resto perplessa.

Solo due voci si sono levate per provare a dissuadere da tale gesto, molti hanno taciuto, gli altri pochi interventi hanno apprezzato e sostenuto l’idea: “lo scambio di mail è lento”, “non sempre si leggono”, “vista la situazione in cui ci troviamo, le comunicazioni via WhatsApp sono più veloci e di facile lettura”, “comunque confidiamo nella responsabilità dei singoli genitori in merito all’uso”, etc, etc.

Proviamo a mettere ordine.

Primo. Siamo genitori di figli sedicenni, cioè siamo persone adulte. L’aggettivo adulto, dal dizionario Treccani indica una persona cresciuta, che ha raggiunto il completo sviluppo fisico e psichico; chi è giunto a maturità. Ma quale maturità cela una scelta come quella di creare un gruppo WA (l’ennesimo) in una classe dove i ragazzi sono più che in grado di gestire il flusso di comunicazioni con la scuola? È vero, sono ancora minorenni, e la responsabilità ultima ricade su di noi.

Secondo. Per poter esercitare in modo ‘maturo’ la nostra responsabilità di adulti e genitori le mail non sono più sufficienti perché “lente”. Premesso che non intravedo dalla mia finestra piccioni viaggiatori consegnare missive, il tempo di invio e recapito della mail è normalmente molto rapido. Non così la lettura, giustamente. Credo che qui stia l’inghippo.

E arriviamo al terzo punto. L’evoluzione della pandemia e le nuove disposizioni istituzionali connesse (governative, regionali, scolastiche) sono il più delle volte complesse perché la situazione è complessa ed articolata. Possiamo forse dominare meglio il caos sociale ed emotivo in cui siamo immersi, abbattendo il fattore tempo, eliminando cioè le lentezze (mail) e promuovendo la velocità (messaggistica)?

Alimentare relazioni via social figlie della dittatura dell’immediato può essere di qualche giovamento? Non saprei, a me pare un’illusione che rischia di aumentare ancora di più l’ansia di avere tutto sotto controllo, finendo per mescolare informazione e allarmismo.

La perplessità di tale scelta si trasforma in disorientamento, rasenta lo sconforto, quando mi chiedo: quale esempio stiamo dando ai nostri figli? Che cosa resterà loro di come noi adulti, persone mature, ci siamo relazionati ai tempi del coronavirus?

Stiamo vivendo un tempo drammatico, di trauma collettivo sotto tanti aspetti, ma non siamo in guerra. Mia nonna, con due figli piccoli, non ebbe notizie di suo marito per tre anni quando partì per la Campagna del nord Africa, fino a quando un bel giorno (forse il più bello della sua vita) lo vide tornare a casa. E noi non riusciamo a gestire un anno scolastico, per quanto complicato potrà essere, solo con le mail?