Avvento, scuola di speranza

da | 8 Nov 2016 | La buona parola

 “Non dobbiamo essere attenti soltanto nell’ascoltare, ma anche vigili nell’operare. Questa scuola, in cui unicamente Dio è il maestro, cerca discepoli diligenti, non oziosi ma impegnati. Dice l’Apostolo: Non siate pigri nello zelo, siate invece ferventi nello spirito, lieti nella speranza (cfr. Rm 12, 12-13). In questa scuola, fratelli, noi impariamo ogni giorno: ora dagli insegnamenti, ora dagli esempi, ora dai sacramenti. Queste sono le medicine per le nostre ferite, l’incentivo ai nostri doveri.”

(Sant’Agostino, Discorsi sull’Antico Testamento)

La prossima domenica inizia l’Avvento secondo il rito ambrosiano e, tra i testi che la Chiesa propone nell’Ufficio delle Letture della I settimana di questo tempo, si trova un brano di Sant’Agostino, che esorta a frequentare assiduamente la scuola di Cristo, Maestro divino Ascolto e vigilanza sono i due verbi che caratterizzano la partecipazione dei discepoli: ascolto attento della Parola e vigilanza operosa.

L’Avvento è il tempo che riaccende l’attesa, che fa risuonare il grido “Vieni, Signore Gesù!”, che ci prepara non solo al memoriale della nascita di Cristo nella carne, ma anche alla Sua venuta gloriosa, come Giudice e Signore. In altre parole, è il tempo della speranza.

Questa virtù è il fondamento della perseveranza e la via per la salvezza: San Paolo affermava “Se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo” (2Tm 2,12). Perseverare è la sapienza delle vergini prudenti che, nonostante lo sposo stesse tardando, avevano con sé l’olio per le lucerne e poterono entrare per la festa. Il cristiano è l’uomo della speranza: vive – come tutti – nel quotidiano, segnato da debolezze, da errori, da imperfezioni, da dolore, ma spera. Come afferma Sant’Agostino, riceve dalla speranza la medicina per le ferite. Sperare è arte del desiderio, orientato secondo la fede: perciò apprendendo la fede, si riceve la speranza. Consideriamo il racconto del peccato di Adamo ed Eva: il loro desiderio era diventare come Dio, rinnegare il loro essere creature e conoscere (nel senso ebraico, decidere) quale sia il bene e quale sia il male. È un desiderio orientato secondo la fede? No, anzi, è la volontà che rinnega la certezza dell’Amore di Dio.

Gesù ammonisce i propri discepoli a riconoscere i segni dell’agire provvidente del Padre, che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo: a maggior ragione, ciascuno di noi è prezioso agli occhi di Dio, Lui conosce i nostri bisogni prima ancora che glieli presentiamo; dunque, l’affanno non è una qualità del cristiano, ma un difetto del pagano. Piuttosto, siamo chiamati a cercare il Regno di Dio e la sua giustizia, vivendo da operatori di pace.

Se credere significa rispondere prontamente alla chiamata di Dio, sperare vuol dire far vivere il ricordo dell’Amato, quando questo sembra lontano o non si manifesta.

Per far memoria di Cristo, è necessario incontrarlo, come i discepoli di Emmaus, i quali prima hanno ascoltato quel misterioso viandante e poi lo hanno riconosciuto come il Maestro nello spezzare il pane. Parola e sacramenti: il tempo è favorevole per riprendere il pellegrinaggio verso il monte Sion, accompagnati dalla testimonianza dei santi.

Facciamo nostre le parole di Santa Chiara d’Assisi, che, scrivendo alla Beata Agnese di Praga, canta la dolcezza del ricordo di Cristo: “La soavità di lui pervade tutta l’anima, il ricordo brilla dolce nella memoria. Al suo profumo i morti risorgono e la gloriosa visione di lui formerà la felicità dei cittadini della Gerusalemme celeste”.

Quale grande dono è l’Avvento! È il profumo di Cristo, la speranza di una vita nuova, l’impulso per adempiere la nostra missione, la scuola di semplicità, che permette di entrare per la porta stretta!

Attraversiamo, dunque, la notte dell’anima per giungere alla Grande Notte del Natale, risplendente di luce nuova per la nascita del Salvatore, che, assumendo la nostra natura, la innalza fino a Dio.

1) Questo tempo di Avvento ci chiama a riprendere il cammino nella speranza: quali sono i vizi, le tentazioni, i peccati che ti hanno tolto la gioia e ti hanno appesantito il cuore? Chiedi con fiduciosa insistenza la forza al Signore per correggerli, accostandoti al sacramento della Riconciliazione.

2) A conclusione dell’Anno della Misericordia, lasciati ispirare nella preghiera a valorizzare un’opera di misericordia, che permetta di manifestare a te stesso e agli altri il senso della speranza cristiana come attesa vigile del Signore che viene.

Andrea Miccichè