L’alfabeto di Papa Francesco

Ogni giorno un regalo. Papa Francesco ce lo fa attraverso i gesti, le parole nuove, creative che esprimono la sua passione per l’incontro.

Un linguaggio ponte per realizzare la sua voglia di vicinanza con tutti. Niente “spuzza” sotto il naso.
La visita del Papa a Napoli ha suscitato interesse e attenzione. Francesco si è fatto presente nelle periferie con la sua vera genuinità che lo caratterizza e che ha destato commenti fra la gente e nei media. “La corruzione spuzza, – ha detto- la società corrotta spuzza e un cristiano che fa entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, spuzza”. Qualcuno ha pensato ad un errore linguistico mentre gli esperti assicurano che” il termine è emerso dal dialetto italiano della famiglia del pontefice, com’è noto, di origine piemontese”. E tante altre parole ci meravigliano, ci fanno pensare, ci salvano dalla ripetitività. Una delle prime sorprese l’abbiamo avuta davanti all’espressione “memoriosa” quando ha cercato di spiegare il suo tipo di preghiera durante l’intervista di Padre Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica. Un pregare, il suo, voleva dire, in cui c’era tutta la persona, con la sua storia, i suoi affetti, il suo passato.

L’efficacia comunicativa di Papa Francesco si serve di adattamenti originali, spagnolismi tratti dal gergo di Buenos Aires.

Dice “primereare” per esprimere anticipare. “Misericordiando” traducendo dal latino usare misericordia. Usa “mafiarsi” per indicare, in modo plastico, l’assunzione di mentalità dei boss. Alludendo ai possibili peccati della Curia, conia il termine “martalismo” cioè l’atteggiamento di chi fa come Marta la sorella di Lazzaro, che si dà un gran da fare, ma si perde la parte migliore, cioè le parole di Gesù. Non assistiti, ma ospiti.

Nel linguaggio di Papa Francesco non c’è posto per gli eufemismi, cioè quelle parole eleganti che nascondono un disagio.

Ad esempio, il termine “senza fissa dimora” , non piace al Pontefice, che non ha chiamato così i clochard invitati a visitare i musei Vaticani. Rifacendosi allo stile della sua vicinanza ai più poveri degli hogar argentini, li ha accolti come “ospiti” e “commensali”. Il suo alfabeto, inoltre, non è fatto soltanto di parole, ma di gesti. Un suo regalo è stato appunto quello di invitare i più poveri a godere dell’arte e della bellezza. Non potendo garantire a tutti un tetto, gli ha regalato la dignità. Dopo le docce pubbliche sotto il colonnato e l’apertura di una barberia perché potessero avere un aspetto decoroso, gli ha richiesto un’attività, quella di distribuire ai fedeli i Vangeli e i libretti di preghiere in piazza S. Pietro. Addirittura, nel caso della visita ai Musei, gli ha concesso di accedere alla Cappella Sistina anche con i loro amici a quattro zampe, dai quali molti di essi non si separano mai.