Ci abbiamo ormai fatto l’abitudine, e, come sempre avviene per le piccole e grandi rivoluzioni, arriva un certo momento in cui diamo tutto per scontato e non ci ricordiamo più l’emozione o lo stupore del primo annuncio.
Torniamo con la memoria al dicembre 2012: papa Benedetto XVI, che appena due mesi dopo avrebbe comunicato al mondo le sue dimissioni, scelse di entrare su Twitter per un breve messaggio quotidiano.
Twitter, lo sappiamo, è tra i social network più importanti e utilizzati nel mondo, basato su dei veloci cinguettii, brevi messaggi un tempo di 140, oggi di 280 caratteri, da seguire in tempo reale. C’è chi ha definito Twitter il “tessuto connettivo dell’infosfera”. Qui sono stati raccontati in diretta, spesso dagli stessi cittadini, i grandi fatti della cronaca, le primavere arabe, le rivoluzioni politiche. Qui una parte considerevole – ma non la maggioranza – dell’opinione pubblica matura le proprie convinzioni, non sempre con il massimo della trasparenza e a volte, come recenti inchieste stanno cercando di dimostrare, con l’utilizzo di stratagemmi.
Qui il Papa ha voluto annunciare il suo messaggio, quel messaggio che, pur con il cambiare delle lingue, delle culture e dei secoli, resta fedele a se stesso e alla sua origine. Il Vangelo.
Certo. Ci sono state alcune critiche all’inizio, alcuni si sono dati a facili ironie, eppure, alla lunga, questa scommessa ha pagato. Il nuovo Papa, Francesco, ormai da sei anni sul soglio di Pietro, ha portato avanti e fatto crescere a dismisura questa presenza, portando l’account, disponibile in otto lingue, tra le quali italiano, inglese, arabo e anche latino, a oltre 48 milioni di “followers”.
Anche qui si nota la continuità d’intenti tra questi due grandi Pontefici.
Fermiamoci però un istante: perché Papa Benedetto, e Papa Francesco dopo di lui, hanno scelto tra tutti i social proprio Twitter? Ecco sette ragioni…
1 – Su Facebook i commenti negativi sono prominenti rispetto a Twitter e agli altri social
Questa ragione è stata riporta ufficialmente nel 2014 da mons. Claudio Maria Celli, già “stratega” di questo sbarco di papa Benedetto su Twitter e presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Se su Facebook i commenti sono preponderanti e tanti commenti, più che negativi semplicemente volgari fatti da chi ha solo tempo da perdere, avrebbero rischiato di oscurare le sue Parole. Su Twitter, invece, la logica è diversa. È possibile sempre rispondere a un messaggio del Papa, ma i commenti “inutili” o “cattivi” si perdono, hanno meno importanza, non ostacolano la lettura del Tweet e possono essere ignorati facilmente.
Vi sono però altre ragioni – mai dichiarate – che però spiegano la bontà di questa scelta e ci aiutano anche a riflettere sulle logiche di questo e degli altri social e più in generale dell’evangelizzazione in ambito digitale.
2 – Twitter è il social degli “opinion leader”, delle voci influenti
In teoria, su Twitter, siamo tutti uguali. Non esistono gruppi, pagine, profili “Premium”, ma solo una spunta blu per il riconoscimento di account ufficiali di personaggi famosi o di grandi aziende. Eppure, in nessuna parte come Twitter, ci sono presenze di Serie A e di Serie B. Ci sono i follower, chi legge e basta, che segue e ci sono i “Followati”, chi è seguito da molti, la cui voce si propaga ovunque a dismisura.
Un tweet da parte di un utente con poche decine di followers sarà letto da pochissimi. Lo stesso tweet se firmato da un personaggio importante sarà oggetto di articoli sui giornali o servizi in TV. Alla fine, Twitter non fa altro che traslare nel digitale ciò che già avviene nel nostro mondo, cioè che certe voci siano sono più importanti e ascoltate di altri.
Twitter è il social degli “opinion leader”, di chi ha – o sa crearsi – un buon seguito. E proprio per questa ragione è opportuno che una voce così importante ci sia ed emerga anche qui.
Per queste ragioni Twitter non è lo strumento migliore per le parrocchie, ma può essere un ottimo posto, per religiosi e laici, di partecipare al dibattito pubblico in prima persona, a partire dalle ragioni e dai valori della propria fede.
3 – Twitter ci aiuta a valorizzare le parole
Specie nella sua prima forma, quando il limite delle battute era di 140 – e non 280 come adesso – ogni singola parola faceva la differenza. Twitter ci invita a fare pulizia delle nostre parole, a selezionarle meglio. In questo modo, non ci perdiamo in lunghi discorsi e andiamo dritti all’essenziale. E questo non può che farci bene!
4 – Twitter rende “storici” i messaggi
Certi Tweet sono passati alla storia più degli altri. Twitter in questi anni ha bloccato per sempre nella storia e nella memoria alcuni celebri messaggi. Pensiamo soltanto agli ultimi due presidenti americani, per i quali i social media sono stati straordinari mezzi di comunicazione e consenso: i loro messaggi saranno salvaguardati per sempre come documenti ufficiali, che resteranno nella storia nelle relative “Biblioteche presidenziali” assieme a documenti, lettere e discorsi.
Certamente anche i Tweet del Papa passeranno alla storia e aiuteranno la Chiesa dei prossimi secoli, forse anche più di altre fonti, a scoprirne il pensiero e gli insegnamenti.
Il profilo Twitter del Papa, insomma, pur non rappresentando pienamente la profondità e la grandezza del suo Magistero come invece possono encicliche, esortazioni apostoliche e anche documenti ufficiali resterà nella storia come espressione sincera e coerente anche della presenza del Papa nel panorama di questi anni così difficili ma così decisivi per il futuro della Chiesa e del mondo.
5 – Fare chiarezza tra ufficialità e non ufficialità
La spunta blu su Twitter è il segnale che quello che si sta indicando è proprio il profilo ufficiale, quello giusto, senza alcuna remora di sbagliare. Il resto può anche essere buono, giusto e opportuno, ma in quest’epoca di fake è bello poter dare la tranquillità agli utenti di riconoscere ciò che è uscito per davvero dalle stanze vaticane e quello che arriva da altre parti.
Twitter, la cui massa e i cui grandi numeri spesso sono è stata per la presenza di fake, profili fasulli, per orientare l’opinione pubblica, almeno per i grandi personaggi offre garanzie di assoluta sicurezza. La spunta blu è il simbolo che chi sta twittando lo sta facendo per conto del Santo Padre e con le sue parole. La spunta blu ci fa capire che ci possiamo fidare di quelle parole. Per tutto il resto, conviene sempre mantenere viva l’attenzione.
6 – Il Papa è anche su Facebook
Non è vero che il Papa non c’è su Facebook. Certo, come abbiamo visto prima è stato valutato più opportuno per il Papa non avere una pagina ufficiale su Facebook per la preponderanza che lì hanno i commenti, tutti i commenti. Ma su Facebook la presenza del Papa c’è ed è forte.
C’è la Santa Sede, con alcuni profili ufficiali, tra i quali Vatican News, le notizie del portale di informazione del Vaticano. Ma c’è anche la Chiesa Cattolica Italiana, con Cei News, con le sue informazioni. Ma poi vi sono le testate riconosciute e affidabili che contribuiscono ad estendere il magistero di Francesco, da Agensir a TV2000, da Avvenire ai settimanali diocesani.
Le parole di Papa Francesco si espandono, liberamente, perché possano fare affetto. Ritrasmettono il suo messaggio e riecheggiano l’affetto che proviamo per lui. E poi ci sei anche tu, ogni volta che rilanci o fai condividi questo suo messaggio. Nelle reti sociali, ciascuno snodo può svolgere questo compito così prezioso.
7 – Il Papa è anche su Instagram
Nel marzo 2016, con meno clamore – dato che ci avevamo ormai fatto l’abitudine – Papa Francesco ha aperto anche un profilo Instagram, un social basato sull’immagine. Con quasi sei milioni di Follower, questo profilo raccoglie gli scatti più significativi dell’attività ufficiale del Papa, con brevi messaggi in più lingue.
Instagram è il social decisamente più in “rampa di lancio”, quello più popolato dai giovani. Ed è bello che il Papa, anche qui, con la sua “enciclica dei gesti”, possa continuare ad annunciare il Vangelo. Seguiamolo!
Fonte: weca.it
Guarda il tutorial Weca