Azzardo: non è un gioco da ragazzi

di Maria Grazia Tripi

A Roma il 36% degli adolescenti è giocatore d’azzardo abituale e il 66% gioca almeno una volta l’anno. L’azzardo, quindi, è un’emergenza educativa

La problematica del gioco d’azzardo sta avendo un impatto talmente forte nella vita delle persone, che è importante cominciare a fare prevenzione a partire dal linguaggio. È arrivato il momento di non associare alla parola azzardo il termine gioco.

L’azzardo, infatti, non è un gioco, anzi è causa di sofferenza non solo per chi lo pratica, ma anche per le famiglie.

La Caritas di Roma ha condotto una ricerca intitolata “Adolescenti e azzardo: cresceranno dipendenti?”. I risultati indicano, in maniera piuttosto evidente, che il gioco d’azzardo, vietato ai minori di 18 anni, in realtà vede come protagonisti molti adolescenti. Nella capitale, città dove è stata fatta la ricerca, su 1600 ragazzi dai 13 ai 17 anni il 36,3% è giocatore d’azzardo abituale e il 66,3% gioca almeno una volta l’anno. L’azzardo, quindi, si rivela essere un’emergenza educativa.

Qual è il confine tra il gioco e l’azzardo? Nel sussidio pastorale per sensibilizzare sui rischi del gioco d’azzardo troviamo che:

«Per riconoscere se siamo di fronte ad un gioco d’azzardo abbiamo quindi bisogno di tre elementi imprescindibili:

• la presenza del caso come elemento sovrano e determinante;

• l’impiego di denaro con lo scopo di vincere altro denaro (il fine di lucro);

• l’impossibilità di controllare il risultato finale.

Per questo dobbiamo essere ben consapevoli che l’abilità, la conoscenza o l’esperienza di una persona non possono in alcun modo influire sull’esito della scommessa».

La città di Roma risulta essere la capitale dell’azzardo e a lanciare l’allarme già da tempo è la Caritas, mentre sembra che per la maggior parte dei romani questa non sia un’emergenza. Ciò è dovuto anche al fatto che potenti multinazionali concessionarie, come riporta il documento “(S)Lottiamo contro l’azzardo”  sono riuscite a far apparire il gioco d’azzardo come  un prodotto tra gli altri, ma con il valore aggiunto di finanziare la cultura e lo sport, organizzare mostre, restaurare monumenti, sponsorizzare la nazionale di calcio,  divertire e promuove la socializzazione.

Per televisioni e giornali il “gioco” è la fonte delle maggiori entrate pubblicitarie arrivando ad influenzare anche le scelte editoriali di eventi sportivi.

Anche per lo Stato è un elemento importante del bilancio a tal punto da essere inserito nei documenti programmatici che si presentano all’Unione Europea, quindi una risorsa che sostiene le finanze e lo stato sociale.

Ci troviamo di fronte ad un’emergenza, di cui molti non parlano per non mettere a repentaglio vari interessi economici. Molte associazioni sensibili alle problematiche sociali hanno attivato da tempo delle campagne di prevenzione e sensibilizzazione. La risposta viene anche da tanti piccoli gestori, che hanno deciso di rinunciare a guadagni netti mensili molto alti togliendo le slot dai propri locali. Tra tutte le iniziative ricordiamo la campagna slot mob nata nel 2013, il manifesto di democrazia economica.

Il singolo può far poco, anche se è importante che lo faccia, ma se tutti insieme sosteniamo gli esercizi commerciali che portano avanti questa scelta rinunciando a una parte importante di incassi, possiamo aiutare anche altri locali a fare lo stesso e quindi cambiare la dittatura di quel tipo di economia che rende l’uomo schiavo e aumenta il divario tra ricchi e poveri.

La Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” ha concluso un percorso tematico dal titolo “Con l’azzardo non si gioca. Informare prevenire educare” con uno slot mob. L’esperienza è raccontata in questo servizio video.

Fonte: young4young