Respondeo o Res-pondus?

da | 26 Nov 2019 | Giovani

Respondeo o Res-pondus?

da | 26 Nov 2019 | Giovani

​Una serata con Stefano Zamagni

di Francesca Tonolo – 4^ LES, Varese

 

Il 21 ottobre 2019 l’Aula Magna dell’Università dell’Insubria di Varese ha avuto come ospite il Prof. Stefano Zamagni, noto economista, che ha dialogato con il pubblico a partire dal suo ultimo libro: “Responsabili. Come civilizzare il mercato”.

Zamagni fonda tutto il suo lavoro sul significato della parola “responsabilità”, che richiama due concetti: quello di “respondeo” ovvero fornisco una risposta, rispondo alle conseguenze delle mie azioni anche dal punto di vista giuridico, quindi una responsabilità vista come imputabilità, e quello di “res-pondus”, ossia prendo sulle spalle il peso delle cose, mi faccio carico delle situazioni, delle persone.

Il senso vero della responsabilità venne già indicato negli anni ’70 del secolo scorso da don Lorenzo Milani con il suo slogan “I care” ovvero mi prendo cura. Ad oggi, l’economia italiana fatica ancora a riprendersi dalle difficoltà della crisi del 2008 perché è fondata sul primo significato.

E, per paradosso, secondo l’economista è più responsabile delle proprie azioni chi non fa il bene più di chi fa il male.

A partire da questa idea di fondo Zamagni analizza diverse aree dell’esistenza.

La prima è quella inerente alla tematica ecologica-ambientale: tutti possiamo vedere i disagi che la CO2 e la CF4 stanno creando, ma difficilmente il cittadino si prende la responsabilità di affrontare personalmente questo problema.

La seconda è quella economico-finanziario che si basa sulla tesi della doppia moralità. Albert Carr, nel 1968, affermò “Is Bluff”: con una brevissima frase dichiarò che nel mondo degli affari è etico truffare, aggiungendo così che la finanza è simile al gioco del poker, bisogna bleffare per vincere. Ma la crisi del 2008 scoppiò proprio a causa della tesi della doppia moralità, per cui in alcuni ambiti è possibile imbrogliare, in altri no.
Se non si applicano ovunque le regole morali si diventa schizofrenici, ma l’uomo non può vivere in questa condizione. Da qui i numerosi suicidi avvenuti dopo la crisi.

La terza area è quella dell’aumento endemico e sistemico della disuguaglianza sociale. Ormai, nell’era della quarta rivoluzione industriale, esiste un paradosso strabiliante: diminuiscono i poveri, ma aumentano le disuguaglianze. Povertà e disuguaglianza sono nozioni differenti. La povertà è la condizione di inferiorità economica, di chi non ha denaro per il sostentamento. Disuguaglianza, invece, è la differenza tra classi sociali.
Oggi, questo divario tra classi sociali, dovuto proprio ai vari giochi economici, ha portato all’affermarsi dell’”aporofobia” ovvero del disprezzo del diverso, originatosi dalla meritocrazia, da non confondere con la meritorietà, tema affrontato già nel quarto secolo a.C. da Aristotele. La meritocrazia porta a dare il “potere” a chi se lo merita, ma chi ha il potere poi può cambiare le regole del gioco come vuole. Differente è la meritorietà, che è il principio di organizzazione sociale basato sul “criterio del merito” e non già del “potere del merito”.

La quarta area è collegata al progetto indetto dal Santo Padre “The Economy of Francesco”, ossia una nuova economia vista come un’alleanza per cambiare i paradigmi economici: non più l’economia politica ideata da Adam Smith e al concetto che l’uomo deve pensare solo per se stesso, bensì un’economia civile secondo la quale l’uomo per natura è amico degli altri suoi simili, ed è felice solo se si realizza con loro. Infatti, per l’economia politica la ricchezza deve essere in funzione dell’utilità, per l’economia civile la ricchezza è in funzione della felicità che è data dalle relazioni tra le persone. Come sosteneva Aristotele, infatti, l’individuo razionale raggiunge la propria felicità solo quando realizza la sua vera natura.

Al termine Zamagni ha invitato i presenti ad essere più “buoni” che “bravi”.

Bravo è chi fa ciò che deve (respondeo), buono è chi fa il bene (res-pondus).