Domenica della Parola

Domenica della Parola

26 gennaio 2020 – Anno A

 

Vangelo di Mt 4,12-23

 

COMMENTO di suor Maria Vanda Penna, FMA

 

CHIAMATI A DIVENTARE PAROLA

L’ha voluta Papa Francesco, “perché […] abbiamo bisogno di entrare in confidenza costante con la Sacra Scrittura, altrimenti il cuore resta freddo e gli occhi rimangono chiusi, colpiti come siamo da innumerevoli forme di cecità”. (PAPA FRANCESCO, Aperuit illis,2, Paoline 2019)

“Ignorare la Parola è ignorare Cristo” diceva S. Girolamo nel quarto secolo dopo Cristo. Oggi, a circa 1600 anni di distanza, il Papa sente il bisogno di fare questo richiamo al popolo di Dio perché “possa crescere nell’amore e nella testimonianza di fede” (id.).

Un’immagine che ci è molto familiare è quella del libro delle Scritture con accanto una luce che lo illumina. In realtà, dalla Parola si irradia la luce, quella di cui Isaia dice che risplende sul popolo immerso nella tenebre e in ombra di morte. È la luce del Regno che irrompe nel buio della mondanità e diviene lampada ai passi di chi la accoglie, fino a che, giorno dopo giorno, la sua stessa vita diviene luce.

 

Il Vangelo di questa domenica (Mt 4, 12-23) sembra scelto apposta per sottolineare l’importanza di quanto detto prima, soprattutto della testimonianza di fede tra la gente, che, come dice S. Gregorio di Nazianzo, ci fa “altrettanti soli” splendenti per la Parola ascoltata e accolta.

 

Gesù, dice l’evangelista, va ad abitare a Cafarnao, nella terra di Zabulon e di Neftali, terra sospetta e impura, perché abitata da Ebrei e da pagani. E proprio lì la luce risplende. Di lì comincia l’annuncio del Regno che squarcia il buio di una esistenza senza speranza. La luce c’è, occorre non chiudere gli occhi. “Convertitevi – dice Gesù -. il Regno di Dio è vicino”. E il Regno è Gesù stesso, che porta la parola di salvezza a chi crede a questo annuncio. Gesù è presente, il Regno è già realtà, ma non ancora compiuta. I suoi inizi, che nulla hanno a che fare con trionfi e glorie umane, lasciano ancora nel mistero di un annuncio che ha bisogno di collaboratori per diffondersi.

Ha bisogno di “pescatori di uomini”, di chi si metta totalmente a servizio di questo Regno che sarà compiuto e visibile solo alla fine dei tempi, quando il Re verrà nella gloria e svelerà finalmente e compiutamente il senso della vita e della storia del mondo.

E questi “pescatori di uomini”, chiamati da Gesù in un momento così feriale, intenti alle loro reti da pesca, verranno spesso meno a quell’entusiasmo iniziale, a quello slancio interiore per cui subito, dice Matteo, lasciano le reti e lo seguono, affascinati da un appello così inusuale e da uno sguardo – pensiamo – penetrato nel profondo del cuore. Ma l’infedeltà dell’uomo nulla cambia dei disegni di Dio. Quegli uomini continueranno ad essere “chiamati” per un servizio alla Parola che ne farà dei martiri.

La chiamata a lasciare tutto per il Regno: la nostra chiamata. Anche noi, a cui spesso può calzare il rimprovero di Gesù  “gente di poca fede”, come del resto ai primi discepoli, siamo state afferrate dal suo sguardo, dall’aver sentito quasi sensibilmente il nostro nome e l’abbiamo seguito dandogli fede.

Questo è il tempo in cui più che mai va ricordato che la buona notizia del Regno non è solo una proclamazione verbale, ma l’irruzione nella storia della sua potenza liberante. 

La sua Parola, infatti, ha in sé una forza irresistibile e sempre nuova, che si manifesta se, più che letta e studiata, è attuata.

Ecco la testimonianza che oggi ci viene richiesta. Siamo chiamati a farci Parola attraverso modalità di vita e di relazioni che hanno le loro radici nell’Amore: “Amatevi come io vi ho amati”; “Avevo fame e mi avete dato da mangiare”; “Guai a chi scandalizza uno di questi piccoli”…

Don Bosco ha preso sul serio quello che Gesù ha detto e ci ha lasciato in eredità uno stile di vita e di azione adatto ad ogni tempo, proprio perché ancorato a queste parole: stile di santità feriale che si impone per la sua semplicità, per il non straordinario, per l’attenzione speciale ai piccoli del Vangelo e che, proprio per questo, infonde speranza e annuncia con la vita che il Regno di Dio è in mezzo a noi.