Pentecoste

Pentecoste

Anno A

31 maggio 2020

Vangelo di Giovanni 14,15-20

Commento di suor Cristina Merli, FMA

 

Sono versetti che ti fanno girare la testa.
Ti sembra di cadere, invece ti scopri sorretto da un abbraccio.

Gesù, il Padre, il Paraclito, lo Spirito di verità, i discepoli. Il Maestro passa dall’uno all’altro in continuazione. Ma più si legge il brano, più ci si accorge che non c’è confusione, che tutti i protagonisti sono legati l’uno all’altro da rapporti intimi e intensi.
Gesù è in relazione con il Padre, con lo Spirito, con noi; Il Padre è in relazione con lo Spirito che manda su di noi, con Gesù, che è in Lui, e con noi attraverso Gesù; noi siamo in relazione con Gesù, che è in noi, con lo Spirito che rimane con noi, con il Padre che ci dona lo Spirito.

Gesù usa verbi apparentemente statici per indicare questa interdipendenza: rimanere, stare, essere, vivere, amare. Eppure si percepisce in queste parole un dinamismo incredibile, un turbinio d’amore che la ragione fa fatica a fermare.
Un po’ come accade quando leggiamo il canto XXXI del Paradiso di Dante. I beati sono tutti fermi, seduti sugli scranni, come in uno stadio, a formare una candida rosa. C’è però un movimento vivacissimo di angeli che volano da Dio a loro e da loro a Dio. Come una schiera di api che “s’infiora” una volta e la volta successiva ritorna “là dove suo laboro s’insapora”. È il dinamismo dell’amore che ha origine in Dio e si diffonde su tutti. E l’amore è movimento, circolazione, spinta ad agire.

All’inizio, alla fine, durante, un legame d’amore. Un legame mai costrittivo: “Se mi amate”. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti: è la logica conseguenza dell’amore a Gesù.

Mi ha colpito, in questi mesi, la paura più grande espressa dai nostri adolescenti: non morire, non soffrire, non rimanere chiusi in casa, ma perdere le persone più care.
È la stessa paura che devono aver provato i discepoli ascoltando che Gesù se ne sarebbe andato. Ma nel lungo discorso, durante l’ultima cena, Gesù fa loro una promessa: non vi lascerò orfani.

Questa promessa è anche per noi: non sarete mai orfani, perché è vero che io me ne vado, ma vi lascio dentro una rete d’Amore che in ogni situazione vi sorreggerà, vi darà forza, vi infonderà coraggio, vi farà sempre ricominciare, vi permetterà di attraversare questa paura e di aiutare i vostri ragazzi a viverla.

Ed è per questo che possiamo andare avanti, anche in quest’ora, e vogliamo farlo con il metodo che Gesù oggi ci indica: ripartire dalla relazione, dal mettersi insieme, dal tessere reti, facendo leva sull’interdipendenza che tutti abbiamo sperimentato essere una realtà innegabile. E si riparte, perché l’amore è movimento, è dinamismo, è energia che ti fa andare.

Ripartire dalle relazioni oggi vuol dire riconoscere che l’unica possibilità che abbiamo di attraversare la paura dell’orfanezza è riconoscere che siamo-in, dentro la Trinità, uniti al Padre, a Gesù, allo Spirito.

Vivere questa realtà permette all’altro di diventare la nostra casa, la nostra dimora, il nostro abitare attraverso la reciproca custodia, il reciproco prendersi cura, l’includere, il condividere, il creare insieme luoghi e tempi dove vivere è bello, dove “stare” rende possibile i passi dell’amare.