3^ Domenica dopo Pentecoste

21 giugno 2020 – Anno A

Vangelo di Giovanni 3, 16-21

Commento di suor Simona Bisin, FMA

 

In questo tempo di incertezze e di paure, in cui tocchiamo con mano la fragilità e vulnerabilità dell’uomo, le parole del Vangelo di questa domenica ci infondono speranza e ci lasciano stupiti e commossi di fronte all’Amore smisurato di Dio Padre: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Sono parole che scaturiscono dal dialogo nella notte tra Gesù e Nicodemo, dialogo che, dopo diverse domande e risposte, raggiunge il suo punto culminante: la rivelazione del Padre che per amore dell’uomo dona il suo Figlio. Questo Figlio disceso dal cielo, morto e risorto, è la dimostrazione dell’amore di Dio per l’uomo, un amore che non toglie nulla alla nostra vita, ma la feconda di vita eterna.

È bello sentire che Dio ama il mondo, questo mondo. Questo mondo che Lui stesso ha creato; questo mondo in cui bellezze e violenze si intrecciano; questo mondo abitato da esseri capaci di creare e di distruggere, questo mondo affidato alla custodia dell’uomo, troppo spesso, però, tradita per sterili interessi e guadagni. Questo mondo Lui l’ha amato così follemente da donarci l’Unico Suo Figlio e, nel rispetto della nostra libertà, ha lasciato che ognuno decidesse se accogliere la Luce, diventando, per fede, Figlio della Luce o continuare a vivere nelle tenebre, rinnegando la Verità. Dio è fantastico: ama questo mondo senza giudicarlo, ma offrendogli una possibilità di riscatto.

Anche noi, come Nicodemo, siamo chiamati a scegliere se “rinascere dall’alto” con la forza dello Spirito o lasciarci catturare dalle tenebre. Anche noi, come Nicodemo, siamo chiamati a credere che siamo salvati dall’Amore di Dio e non dai nostri sterili sforzi. L’amore non è un fare, ma un’accoglienza nella libertà.

Chiara Lubich in questo breve stralcio ci racconta la sua esperienza dell’Amore di Dio:

“Quando si parla d’amore, Signore, forse gli uomini pensano ad una cosa sempre uguale. Ma quanto è vario l’amore! Ricordo che quando t’ho incontrato non mi preoccupavo d’amarti. Forse perché eri Tu che mi hai incontrato e Tu stesso pensavi a riempire il mio cuore. Ricordo che alle volte ero tutta fiamma, anche se il fardello della mia umanità mi dava noia e avevo l’impressione di trascinare il peso. Allora, già d’allora per grazia tua, capivo un po’ chi ero io e chi Tu, e vedevo quella fiamma come un dono tuo. Poi mi hai indicato una via per trovarti. «Sotto la croce, sotto ogni croce – mi dicevi – ci sono io. Abbracciala e mi troverai». Me l’hai detto molte volte e non ricordo le argomentazioni che adducevi. So che mi hai convinta. Allora, al sopravvivere d’ogni dolore, pensavo a te, e con volontà ti dicevo il mio sì… Ma la croce restava il buio che incupiva l’anima, lo strazio che la dilaniava, o altro… Quante sono le croci della vita! Ma Tu, più tardi, mi hai insegnato ad amarti nel fratello e allora, incontrato il dolore, non mi fermavo ad esso, ma accettatolo, pensavo a chi mi stava accanto, dimentica di me. E dopo pochi istanti, tornata in me, trovavo il mio dolore dileguato. Così per anni e anni: ginnastica continua della croce, ascetica dell’amore. Sono passate tante prove e Tu lo sai: Tu che conti i capelli del mio capo, le hai annoverate nel tuo cuore. Ora l’amore è un altro: non è solo volontà. Lo sapevo che Dio è Amore, ma non lo credevo così”. (Chiara Lubich)

Mettiamoci davanti al Crocifisso per contemplare l’Amore gratuito di Dio per noi e nella preghiera chiediamo al Signore che la Sua Parola sia “Luce ai nostri passi” e ci aiuti a generare semplici gesti di fraternità e di cura per i fratelli che ci vivono accanto.