6 settembre 2020 – Anno A
Vangelo di Giovanni 5,19-24
Commento di suor Cristina Merli, FMA
C’è chi lavora in proprio, chi vive in modo autoreferenziale, chi dice di essersi fatto da sé. Non è il caso di Gesù. Ed è quello che dà tremendamente fastidio ai Giudei che cominciano a perseguitarlo. Perché operare nel nome del Padre, violare la legge del sabato per guarire un cieco, come ci raccontano i versetti precedenti a questo brano, “chiamare Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio” è cosa inaudita!
Ma Gesù non si ritrae, anzi, rincara la dose spiegando quella verità che poi lo porterà ad essere crocifisso.
“In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa”.
Gesù è il riflesso dell’agire di Dio. Prova a farci vedere questo mistero Dante, con la forza della parola e dell’immaginazione, nell’ultimo canto del Paradiso dove, per dire qualcosa della sua visione di Dio Trinità, così si esprime:
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza;e l’un da l’altro come iri da iri
parea reflesso, e ‘l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.Dante, Paradiso XXXIII, 115-120
Nella profonda e luminosa essenza della luce di Dio mi apparvero tre cerchi di tre colori diversi e di uguali dimensioni; e l’uno (il Figlio) sembrava un riflesso del secondo (il Padre), come un arcobaleno riflesso da un altro, e il terzo (lo Spirito Santo) sembrava una fiamma che spira ugualmente dagli altri due.
Un effetto di specchi e di riflessi, di arcobaleni che si rincorrono in giochi di luce, che si illuminano e splendono l’uno dell’altro.
Gesù non lavora in proprio, è riflesso del Padre.
Come è l’artigiano che impara il lavoro di carpentiere da Giuseppe, così è l’artigiano che impara la Vita da Dio e la ripropone nell’esistenza degli uomini.
Guarda l’agire del Padre, se lo imprime negli occhi, nelle mani, nell’anima e ci chiede di fare lo stesso. Di essere il Suo riflesso, i suoi artigiani. E l’unica possibilità che abbiamo per farlo è imprimerci nel cuore i suoi gesti, le sue parole, i suoi pensieri e ripeterli con l’originalità di cui ci ha fatti, portando dentro e fuori di noi quello che abbiamo capito e vissuto di Lui. E così finiamo per fare anche noi ciò che fa il Padre. Di riflesso in riflesso.
E cosa fa il Padre? “Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole”.
Dunque a noi, riflessi di Cristo, è chiesto di “dare la vita”. In ultima istanza l’espressione assume il significato del morire, come ha fatto Gesù, ma c’è un dare la vita che precede e integra questo passo ed è il seminare vita attorno a noi, nelle nostre giornate, nelle nostre relazioni.
Seminare gesti di attenzione, sguardi all’altro, gentilezze, spargere parole come carezze e non come pietre, pensare pensieri buoni, non inquinati da invidie e sospetti.
Prosegue Gesù, nell’indicare la verità ai Giudei: “Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio”.
Cari Giudei, che cristallizzate la gente nel vostro giudizio dall’alto della vostra legge, il Padre, che dite essere il vostro Dio, non giudica nessuno. Dà al Figlio il potere di giudicare. E il giudizio del Figlio è quantomeno strano ai vostri occhi, come agli occhi degli uomini di ogni tempo: è il giudizio di chi frequenta pubblicani, peccatori, prostitute, è il giudizio di chi guarisce e rimette i peccati, è il giudizio di chi ci chiede di perdonare 70 volte 7, di chi alla fine si lascia inchiodare sulla croce come un malfattore. È il giudizio che si chiama “misericordia”.
Giudizio strano ma così liberante!
Ed è di questo giudizio che ci è chiesto di essere riflesso: non pensieri e parole che inchiodano l’altro nel suo errore, non gesti di esclusione, non dita puntate e cattiverie mormorate ma pensieri e parole di benedizione, gesti di inclusione, dita che si intrecciano in abbracci fraterni.
A conclusione di questo brano, altre parole di Gesù: “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita”.
Tante volte pensiamo alla vita eterna come qualcosa che verrà. Qui il Vangelo ci dice che già oggi può avvenire quel passaggio dalla morte alla vita che tutti desideriamo, anzi, è già avvenuto. È avvenuto quando abbiamo ascoltato e messo in pratica le parole di Gesù, quando abbiamo creduto al Padre a tal punto da essere diventati suo riflesso. È avvenuto e continua ad avvenire ogni volta che siamo capaci di amare: “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli” (1Gv 3,14).
Anche noi, dunque, da morte a vita, se “iri da iri”, arcobaleno da arcobaleno, artigiani nella bottega del Padre diventiamo, nelle parole e nelle azioni, il riflesso della Vita, dell’Amore, della Misericordia.