27^ Domenica Tempo Ordinario

27^ Domenica Tempo Ordinario – Anno A

Vangelo di Matteo 21, 33-43

Commento di suor Michela Consolandi, FMA

 

La liturgia di questa domenica è attraversata da una delle immagini più suggestive e ricorrenti della Bibbia: l’immagine della vite, simbolo della gioia di vivere, della festa che oltrepassa la routine quotidiana, ma anche immagine di prosperità e amore nuziale.

La prima lettura è un gioiello della poesia ebraica che narra l’amore tra Dio ed Israele: con delle intense pennellate il profeta descrive la cura meticolosa del proprietario nei confronti della vigna: “Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino”; insomma, pare che il vignaiolo–immagine di Dio- abbia dedicato il meglio delle sue forze e cure per la sua vigna, ma che, come a volte capita nelle nostre relazioni, essa non abbia dato i frutti sperati: “Essa produsse, infatti, acini acerbi”. A questo punto emerge la decisione del padrone di non curarsi più di essa.

Ad una simile conclusione sembra giungere, ad un primo sguardo, la pericope evangelica, che narra la parabola dei vignaioli omicidi: un uomo pianta la vigna nel suo terreno, la circonda di attenzione e premura, poi la dà in affitto a dei contadini e parte per un paese lontano. Questa volta la vigna produce i frutti sperati, ma i contadini non sono disposti a consegnarli al proprietario; così bastonano e uccidono i messaggeri inviati dal padrone e arrivano ad uccidere il figlio, bramando la sua eredità.

“Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?” chiede Gesù ai suoi interlocutori. “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo”.

Dunque, una vigna che non porta frutto e dei contadini che si fanno padroni di quanto è stato loro affidato: credo che la durezza di questi passi possa scuotere la vita di ciascuno, dissodando il terreno del proprio cuore e aprendolo alla verità.

Siamo infatti chiamati a riflettere sulle innumerevoli cure che Dio ha riservato alla nostra vita, ai suoi doni di Grazia e ad interrogarci sulla risposta che noi abbiamo dato. Egli aspetta il nostro frutto; Dio ci attende, e questa attesa è segno del suo amore personale. Egli nell’Eucaristia viene incontro a ciascuno di noi e attende una nostra risposta. La troverà?

“Ho cercato di spiegare ai miei genitori che la vita è uno strano regalo. All’inizio lo si sopravvaluta, questo regalo: si crede di aver ricevuto la vita eterna. Dopo lo si sottovaluta, lo si trova scadente, troppo corto, si sarebbe quasi pronti a gettarlo. Infine ci si rende conto che non era un regalo, ma solo un prestito. Allora si cerca di meritarlo”; questa conclusione alla quale giunge Oscar, bambino di 10 anni affetto da leucemia, nella storia narrata nel libro di Éric-Emmanuel Schmitt (Oscar e la dama rosa), illumina la dinamica vissuta dai contadini del Vangelo. Essi, infatti, vogliono farsi proprietari di qualcosa che non appartiene loro, ma che hanno soltanto ricevuto in custodia e, in ultima analisi, non vogliono avere un padrone che chieda loro conto del dono.

Ecco in filigrana la tentazione che da sempre abita l’uomo: essere padrone del creato, di se stesso, degli altri e anche di Dio, farcendosi misura di tutte le cose. È un tema quanto mai attuale, che tocca ogni latitudine del nostro vivere: dai sistemi della società odierna alle nostre piccole scelte quotidiane.

Possiamo vedere rispecchiato il tema della cura della casa comune, di un creato del quale -ci stiamo accorgendo ogni giorno di più- non possiamo esserne i padroni; tale dinamica richiama anche quei piccoli fortini che ci siamo costruiti e nei quali non permettiamo a nessuno di entrare e agire, nemmeno a Dio: l’utilizzo del nostro tempo, il compiersi dei nostri progetti, l’illusione di voler disporre in modo illimitato della nostra stessa vita, prescindendo da tutto e da tutti.

Ma il finale, come accennato, nasconde, tra le parole crude, un messaggio di speranza e di misericordia da parte di Dio: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”. Ecco l’ultima parola sulla vigna di Dio. Non vince il peccato, vince l’amore: quell’amore crocifisso, scartato e rigettato, dal quale è scaturita una nuova vigna, che produce frutti di vita eterna.

Cristo stesso ne è la vite che porta il frutto più buono: la presenza del suo amore per noi; un amore radicale, fedele, indistruttibile.