3^ Domenica di Avvento – Anno B

3^ Domenica di Avvento – Anno B

Vangelo di Giovanni, 5,33-39

Commento di suor Giulia Calvino, FMA

 

Nella 3^ domenica di Avvento la Parola di Dio con alcune immagini prepara l’attesa del Signore.
Grida anzitutto Isaia: “Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti”. Il profeta, a chi ancora attende giustizia, confidando nel Dio che viene, sembra dire in modo netto e deciso: “Guarda alle tue radici, alle tue origini. Ricordati che sei la punta estrema di una lunga storia, scorporato da una roccia che il tempo non ha eroso e nessun terremoto è mai riuscito a frantumare”.

Siamo depositari di un dono irripetibile e che tutti coloro che ci hanno generato alla fede ci chiedono di custodire. La memoria va a chi per primo ci ha insegnato a balbettare parole e gesti di fede: i nostri genitori, le nonne, l’incontro con un prete santo; e ancora la pazienza di alcune catechiste, e lo sguardo accogliente, carico di simpatia, di alcuni educatori. Tutti coloro che ci hanno introdotti alla fede sono stati quella roccia dalla quale siamo stati ritagliati, la cava dalla quale siamo stati estratti. Tornare agli inizi della nostra fede diventa così fondamentale, imprescindibile, direi, per continuare a camminare incontro al Dio che viene.

Paolo, nell’epistola ai Corinti, ci definisce: “il profumo di Cristo”. È urgente che ci siano dei credenti che si esercitano con intelligenza a declinare il Vangelo, come “profumo della sua conoscenza”, un profumo che non si lascia catturare dalle nostre parole o dai nostri ragionamenti. È un profumo che tutti possono avere e che è donato a tutti i credenti, come qualcosa che semplicemente avvolge, impregnando di sé tutta la nostra esistenza. E questo profumo si coglie solo là dove l’amore c’è, dove si esprime, come ha fatto Maria di Betania quel giorno, dopo che Gesù era entrato nella sua casa: accovacciata ai Suoi piedi, avendo preso “una libbra d’olio profumato, di nardo puro, di gran valore, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli; e la casa fu piena del profumo dell’olio” (Gv 12,3).

Il Vangelo ci riporta ancora la figura di Giovanni il Battista, definito da Gesù: “testimone della verità”. Non testimone di se stesso. Né di qualcuno: il Battista è e rimane secondo il Vangelo, in modo chiaro e inequivocabile, testimone della verità di Gesù. È come se Gesù stesso volesse legarsi, intrecciarsi per sempre con Giovanni, stabilendo con lui una relazione intima e profonda, che non è frutto di parentela nella carne o di appartenenza etnica o religiosa: il Battista diventa per Gesù “come una lampada che arde e risplende”. Tanto da rinfacciare ai Suoi interlocutori il fatto che “solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce”.

Era come se il Battista avesse accesa una lampada su di lui, ma loro, presto, avevano girato la faccia. Ora Gesù vuol dire loro che lui ha una testimonianza ancora più forte, più luminosa della lampada del Battista: a certificare per lui sono le opere che lui compie, le opere che il Padre gli ha dato da fare. Queste parlano per lui.

Un giorno ai discepoli aveva detto: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,16): vedano le vostre opere buone, o, meglio, le vostre opere “belle”.

Gesù diffondeva bellezza, bellezza del vivere, con le sue opere. Là dove qualcuno era piegato per la fatica di vivere, lui leniva ferite, rialzava, riaccendeva sogni, liberava da pesantezze che incupiscono la vita. Con opere di bellezza dava testimonianza che lui veniva dal Padre.

A volte mi chiedo – so che la domanda forse è più pertinente per me che sono avanti negli anni, ma può forse avere una certa plausibilità anche per chi ne ha meno -: “Ho lasciato, nella mia vita, qualcosa di bello dietro di me?”. Vorrei aggiungere che di norma le opere belle sono silenziose, non hanno bisogno di essere sbandierate, non hanno nulla dell’esibizione. I nostri fondatori hanno agito con opere che sollevavano, restituivano fiducia, aprivano orizzonti, facevano ardere i sogni. Aiutavano a vivere in modo più fiducioso, più bello, aiutavano a rialzarsi e riprendere il cammino della vita valorizzando le risorse, seguendo “i naturali”, quasi senza farsene accorgere. Opere belle, che profumano di eternità. Seguiamone l’esempio.