5^ Domenica di Avvento – Anno B

5^ Domenica di Avvento – Anno B
Vangelo di Giovanni 1, 19-27a. 15c. 27b-28
Commento di suor Michela Consolandi, FMA

 

Ci stiamo ormai avvicinando, con passo sempre più spedito, a celebrare il grande mistero dell’Incarnazione di Dio; siamo infatti giunti alla V domenica di Avvento e anche le antifone che la liturgia propone invocano una venuta imminente e un desiderio di salvezza.

Nel brano odierno troviamo la figura di Giovanni Battista, già incontrato in questo cammino di attesa: se, però, in quell’occasione l’accento era posto sulla necessità di conversione, il passo tratto dal quarto Vangelo ruota attorno al tema della testimonianza.

È importante prima di tutto collocare il brano all’interno del Nuovo Testamento: ci troviamo nella seconda parte del primo capitolo del Vangelo di Giovanni, dopo il grande prologo; è questo un particolare degno di nota, perché ritroviamo in questo brano, chiamato da diversi esegeti il “prologo narrativo” (mentre il precedente viene chiamato “prologo poetico”), diversi riferimenti che ne aiutano la comprensione.

Anzitutto le parole con cui si apre questa pericope: “Questa è la testimonianza di Giovanni”; qualche versetto prima è infatti presentata la figura del Precursore come testimone: “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui (Gv 1,6-7). Ecco che ora ci viene descritta questa testimonianza, che subito risulta essere molto particolare: troviamo, infatti, dei sacerdoti e leviti, inviati dai Giudei, ad interrogare il Battista.

“Tu chi sei?”; una domanda forte, centrale, essenziale; un interrogativo che ogni persona che desidera un’esistenza autentica deve, ad un certo punto della sua vita, porsi in maniera radicale.
Ma ad una domanda già impegnativa, corrisponde, da parte di Giovanni, una risposta ancora più sorprendente, costituita da tre negazioni: “Non sono il Cristo”; “Non sono Elia”; “Non sono il profeta”.
Non gli era stata fatta questa domanda, che però era implicita nelle intenzioni dei sacerdoti e leviti, venuti per interrogarlo, non certo per dialogare con lui, dato che il Precursore rappresentava una minaccia alla loro autorevolezza. Con queste poche battute egli vuole distogliere da sé ogni attesa di Israele.

Interessante, inoltre, notare la forma di questa risposta: Giovanni si definisce dicendo ciò che lui non è. Credo possa suonare strano ai nostri orecchi, immersi come siamo in una società che chiede di rimanere costantemente al centro della scena e di mostrare alla minima occasione, ogni competenza, ogni traguardo raggiunto, ogni possibile vanto. Invece, il Battista si definisce limitandosi, perché “solo dentro i nostri confini siamo ciò che siamo e possiamo aprirci all’altro, trovando il nostro “sì” nella relazione con lui” (S. Fausti).

Soltanto successivamente, davanti all’insistenza dei suoi interlocutori, egli afferma di sé: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore». Un’altra risposta inusuale. Giovanni cita il profeta Isaia che invoca la liberazione di Israele in esilio a Babilonia, per comunicare la sua identità e missione.

E si definisce “voce”. Ancora torna il prologo. Giovanni Battista è “voce”, Gesù è la Parola, il “Verbo [che] si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).

Ecco la missione del testimone: essere voce di una Parola che non è la sua.

Questo presuppone un atteggiamento fondamentale: l’ascolto. È la postura che accompagna il nostro anno pastorale, perché, per stare “nel cuore del mondo”, è indispensabile ascoltare: sé stessi, gli altri, Dio.

Credo sia l’atteggiamento che possiamo fare nostro in questa manciata di giorni che ci separano dal Natale: dedicare del tempo per ascoltare la Parola fattasi carne, ritagliandosi uno spazio di silenzio e di lettura della Bibbia in famiglia, magari attorno al presepe. Per poi provare ad essere voce che raggiunge il silenzio e il grido che si celano dietro le luci sobrie di queste feste.

“È mediante una voce che la Parola viene resa presente” (Origene); ed è solo l’ascolto che permette di essere “voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore”. Ecco il dono più prezioso che possiamo scambiarci in questo Natale: aiutarci reciprocamente a raddrizzare la via che ci conduce a Dio.