Domenica dopo l’Ottava del Signore – Anno B

Domenica dopo l’Ottava del Signore – Anno B
3 dicembre 2021
Vangelo di Luca 4, 14-22
Commento di suor Cristina Merli, FMA

 

Non era passato molto tempo da quando aveva lasciato la sua terra. Lo aveva fatto dopo 30 anni di vita normale, dove era cresciuto con la sua famiglia in età e grazia davanti a Dio (Lc 2,52). Da quando se ne era andato, anche se per breve tempo, erano accaduti due fatti nodali per la sua vita.
Aveva ricevuto il battesimo e lo Spirito Santo era sceso su di Lui.
Poi, dallo stesso Spirito era stato condotto nel deserto: 40 giorni senza mangiare e senza bere, provocato da Satana.

Quando torna tra la sua gente, Gesù non è più esattamente come quando era partito, al punto che i suoi fanno fatica a riconoscerlo e si chiedono: “Non è il figlio di Giuseppe?”.
Le circostanze ti cambiano e, da come sei disposto a viverle, possono farti diventare sempre più te stesso, ciò per cui sei fatto, oppure possono non scalfirti e lasciarti come se non fossero accadute. Dipende da come si è disposti a viverle.
Gesù si lascia sempre ferire dalla realtà, non mette corazze e scudi, perché sa che è anche lì il luogo dove suo Padre parla. Ed è proprio lì, al Giordano e nel deserto, che lo Spirito scende, conduce, chiarisce il suo destino.

Torna a casa, in Galilea, dove è stato nutrito di pane e di Parola, dove ha imparato a parlare, dove ha giocato, lavorato, dove ha amato la sua terra e la sua gente.
Torna con la potenza dello Spirito Santo (Lc 4,14) e, per questo, con una consapevolezza nuova: ha più chiara la sua identità.

È un sabato e, come tutti i sabati, Gesù entra in sinagoga.
Si alza, gli viene dato il rotolo del profeta Isaia, lo apre e comincia a leggere:

Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.

Poi consegna il rotolo e si siede: tutti tengono fisso lo sguardo su di lui aspettando la spiegazione, la predica, i collegamenti del brano con altri passi dei libri sacri.

E, invece, Gesù pronuncia una frase, una soltanto:

Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi.

Non servono altre parole: da ora in poi la sua presenza è Parola, è adempimento delle scritture, è realizzazione delle promesse.

Nel brano di Isaia è infatti contenuta l’identità di Gesù e il perché della sua venuta.

Io sono venuto ad annunciare ai poveri la lieta notizia.

Ai poveri di beni, ai poveri di senso, ai poveri di gioia, ai poveri di cultura. A noi, poveri di speranza, impantanati nelle nostre sofferenze a tal punto che riponiamo tutta la speranza in un vaccino più che nella venuta di chi realmente ci salva (ma meno male che c’è anche il vaccino!), convinti che la sicurezza valga più della salvezza. Ma “se voglio essere sicuro, per paura di morire non vivo, se voglio essere salvo, per vivere sono anche disposto a morire” (Chiara Giaccardi). A noi che attiviamo spesso lo schermo del cellulare, forse per veder apparire una notizia buona che rimetta in circolo le nostre energie, che ci faccia prendere il respiro, che ci apra un po’ di futuro.

Per proclamare ai prigionieri al liberazione, ai ciechi la vista.

Per noi, spesso prigionieri di un presente triste, ciechi nel vedere il bene che cresce silenzioso, impacciati nel riconoscere la Sua presenza nei poveri, nelle fragilità, nella mensa condivisa, negli alberi capaci di sostenere cumuli pesanti di neve senza spezzarsi, nella gazza colorata che si posa al mattino sul tuo balcone.

Per rimettere in libertà gli oppressi.

Per noi, schiacciati dalla fretta, invischiati in relazioni faticose, per noi che a volte portiamo sulle spalle il peso di una religione che non diventa fede, incontro, gioia, leggerezza, per noi compressi in liturgie consunte e logore che non intercettano la vita.

E predicare un anno di grazia del Signore.

È sempre il tempo della grazia. È sempre il tempo del Natale.
È sempre meno il tempo della predica e sempre più il tempo dell’Incarnazione.

Alla fine, solo una frase, una frase sola di Gesù, come a dire: “Io sono questo ed è nel vostro ascolto e nella vostra capacità di vedere (Lc 4,26) che la grazia accade”.