4^ Domenica di Quaresima – Anno B
14 marzo 2021
Vangelo di Giovanni, 9,1-38b
Commento di suor Daniela Tognoni, FMA
«Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?»
Come mi riconosco in questa domanda… Di fronte al dolore, alla sofferenza e al male mi chiedo: «Perché?». Cerco le cause e, alle volte, anche il colpevole. Ma, la Parola di oggi mi ammonisce: non è bene fare così!
«Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio».
Il male non è l’epilogo di una storia di cui va cercato e condannato l’inizio. È invece il luogo dove l’agire di Dio viene alla luce.
Così scriveva Elie Wiesel in uno dei passaggi-chiave del suo romanzo La notte ambientato nel Campo di Auschwitz:
«Dietro di me udii il solito uomo domandare: “Dov’è dunque Dio?”. E io sentivo in me una voce che gli rispondeva: Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca…»
Questo tempo così difficile, come ogni stagione buia della vita e della storia, è momento propizio per prendere atto dell’intervento del Dio-con-noi.
E allora lasciamo che la Parola di questa domenica illumini l’agire del Padre che, nel suo Figlio Gesù, si avvicina a noi.
Permettiamo che il passaggio del Signore ci sorprenda, istantaneo e delicato. Quel giorno, Gesù, passando, ha visto un uomo. Pur nel dinamismo di chi è semplicemente di passaggio, o addirittura in fuga per sottrarsi a un conflitto, lungi dal ripiegarsi sul suo dolore, egli è stato capace di fermare lo sguardo.
E guardando, ha visto un uomo. Notiamo bene che la sua attenzione non ricade anzitutto sulla cecità, bensì sull’umanità. Le nostre miserie non sono la priorità di Dio: sappiamo bene che egli getta dietro alle sue spalle i nostri peccati (Is 38,17).
È la nostra umanità che gli sta a cuore; da lì parte, per crearci e ri-crearci, come quel giorno con quell’uomo.
Gesù infonde il suo Spirito in noi per guarirci dal male proprio come fece a Gerusalemme ungendo con fango gli occhi malati dell’uomo cieco.
Poi, però lo ha inviato alla piscina di Siloe affinché si lavasse. Con S. Agostino, ricordiamoci che Dio che ci ha creato senza di noi, non può salvarci senza il consenso della nostra libertà.[1]
Sta a noi lasciarci investire dall’intervento del Signore. Chi ha l’umiltà e il coraggio di farlo, è inevitabilmente inondato dalla Luce della Grazia che salva. Fu così per l’uomo cieco che, grazie all’incontro con Gesù, aprì gli occhi della fede: all’inizio coglieva semplicemente l’umanità del maestro (v.11), poi riconobbe in lui un profeta (v.17), quindi ne intuì l’origine (vv 31 e segg.) e la natura (vv.36-38) divine.
Investito di luce, il cieco è rinato ad un’umanità nuova, capace di riflettere il Volto di cui è immagine. Il suo «Sono io!» (v.9) ha iniziato a irradiare la luce dell’«Io Sono» (v.5) di Gesù.
Impariamo perciò dalla vicenda di quell’uomo il destino che è riservato anche a ciascuno di noi, figli nel Figlio in virtù del Battesimo.
Chiediamo la Grazia di riflettere, a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore. Domandiamo di essere trasformati in quella medesima immagine, secondo l’azione dello Spirito (cfr. 2Cor, 3,18).
[1] Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te, Sant’Agostino, Sermo CLXIX, 13