4^ Domenica di Quaresima – Anno B
14 marzo 2021
Vangelo di Giovanni 3,14-21
Commento di suor Patrizia Colombo, FMA
Leggo e rileggo questo brano cercando di pregare, cercando di capire cosa Dio voglia dirmi in questo momento e quello che mi ritorna continuamente è la luce. La luce che Dio ha mandato, la luce che vince le tenebre, la luce che può essere accolta o rifiutata, la luce che è la verità, la luce che è Gesù Cristo.
La “luce che viene nelle tenebre” è un tema che di solito associamo al Natale e qui invece ci viene riproposto nel tempo di Quaresima, in cammino verso la Pasqua. Forse perché l’avvento di Cristo sulla terra parlava già della sua offerta totale per la nostra salvezza, e forse perché l’offerta totale di sé per la nostra salvezza Gesù la realizza pienamente su quel legno innalzato che è la Croce. Il Natale e la Pasqua. Ancora una volta questi due grandi misteri si intrecciano, si completano, dialogano l’uno con l’altro e ci lasciano intuire qualcosa dell’immenso amore di Dio per noi uomini, suoi figli. La luce, l’offerta, la verità, l’amore che si dona senza misura, la libertà di accogliere e di rifiutare.
Ripenso ad alcune scene di un film che tutti forse abbiamo visto, che tutti faremmo bene a vedere e a meditare: “Uomini di Dio”.
Il film è il racconto della vita degli otto fratelli trappisti del Monastero dell’Atlante in Algeria, nel villaggio di Tibhirine, che in lingua berbera significa letteralmente “giardini irrigati”, che vennero quasi tutti trucidati da alcuni terroristi nel 1996.
Questi “uomini di Dio” si sono trovati a poter scegliere se restare a condividere e custodire la vita della gente del villaggio o fuggire in seguito alle minacce e ai gesti di morte di gruppi terroristici della zona. Ogni volta che si trattava di dover arrivare ad una decisione sul passo da compiere, questi monaci, prima di pronunciare qualsiasi opinione, insieme pregavano nella piccola cappella e i loro corpi erano avvolti dalla luce del sole che penetrava dalle vetrate dietro l’altare, o dalla luce dei ceri accesi a sera sulla mensa eucaristica. E dopo aver pregato insieme si sedevano attorno ad un tavolo e, prima di iniziare a dire parole, ponevano al centro una candela accesa: “Lampada ai miei passi è la tua Parola, Signore”.
La decisione finale che presero fu quella di rimanere, nonostante le minacce di morte sempre più pressanti ed esplicite, rimanere per non abbandonare la gente, per condividere la sorte delle persone loro affidate, perché il pastore non fugge lasciando il gregge incustodito, perché “il fiore non cambia posizione per cercare i raggi del sole, resta dove è stato seminato”.
Furono uccisi in sette, solo uno riuscì a sopravvivere; furono proclamati beati nel 2018.
«Siamo invitati a essere a nostra volta segni di semplicità e di misericordia, nell’esercizio quotidiano del dono di sé, sull’esempio di Cristo. Non ci sarà altro modo di combattere il male che tesse la sua tela nel nostro mondo» ha scritto papa Francesco ricordando proprio i martiri di Tibhirine.
Non ci sarà forse chiesto il martirio di sangue, ma anche noi siamo chiamati a mettere al centro delle nostre scelte la luce di Cristo, perché la verità possa splendere e vincere il buio, perché le nostre scelte siano per la salvezza, nostra e di tutti. Anche i nostri sguardi hanno bisogno di essere rivolti a Gesù innalzato sulla Croce perché impariamo da lui a non aver paura della luce della verità e a dar gloria a Dio con le nostre opere.
E questa sarà la “perfetta letizia” di questa domenica di Quaresima in laetare.