Un’alleanza necessaria

Ricorrono proprio in questi giorni i 170 anni dalla firma del primo contratto di “apprendistato” siglato da don Giovanni Bosco, da un artigiano falegname, da un giovane apprendista e da suo padre, avvenuta a Torino l’8 febbraio 1852.

In quelle carte che, potremmo dire, per la prima volta vedono stipulata l’alleanza tra scuola, azienda, allievo e famiglia, si legge, tra le altre cose che il “Mastro Minusiere” si obbliga a occupare il giovane «in lavori propri all’arte sua, e proporzionati alla di lui età e capacità, ed alle fisiche sue forze, ed escluso ogni qualunque altro servizio che fosse estraneo alla professione».

In queste parole possiamo ravvisare la preoccupazione propria già di don Bosco di preservare il più possibile il giovane da mansioni umilianti e non adeguate, da pericoli e fatiche che potessero mettere a rischio la sua incolumità.

 

Un percorso di crescita

Da allora, per noi salesiani, educatori e formatori, il tema della sicurezza, al centro del dibattito venuto alla ribalta dopo le tragedie che hanno colpito due ragazzi impegnati proprio nell’ambito della loro formazione scuola-lavoro, è sempre al centro dei nostri pensieri e delle nostre prassi (leggete qui l’intervista a don Fabrizio Bonalume su Avvenire). Ed è molto significativo che, oggi come allora, non siamo soli ma siamo affiancati in questo impegno dalle imprese e dalle famiglie.

D’altra parte non possiamo non lasciarci interrogare dalle voci e dalle istanze che provengono proprio da quei giovani che intendiamo accompagnare nel loro percorso di crescita.

Quello che la lunghissima esperienza salesiana ci dimostra e che anche nelle nostre Opere Sociali Don Bosco di Sesto San Giovanni sperimentiamo da oltre settant’anni (tutto cominciò l’8 dicembre del 1948 su iniziativa del cardinale Ildefonso Schuster e con il contributo fattivo del senatore Enrico Falck, imprenditore e titolare delle omonime acciaierie) è che l’alleanza scuola-lavoro è una alleanza necessaria e vincente.

 

“Parlare” ai ragazzi

Infatti «investire in educazione oggi vuol dire puntare sul rapporto tra mondo della scuola e mondo del lavoro, due mondi che devono restare distinti ma che non possono essere estranei» (come si vede nella mostra allestita all’ultimo Meeting di Rimini), tanto che trovi sempre più spazio l’idea – e ancora di più, la realtà – di una scuola che «accorci la distanza tra ciò che c’è fuori e ciò che c’è dentro».

L’anima delle nostre scuole e dei nostri centri di formazione, passando anche dagli istituti tecnici tecnologici (ITT) e dagli istituti tecnici superiori (ITS), sta proprio in quell’aggettivo “professionale” che denota una grammatica e un linguaggio che ci sono propri e che utilizziamo per “parlare” ai nostri ragazzi e alle aziende, quasi interpreti e mediatori di due mondi (quello giovanile e quello imprenditoriale) che spesso vengono dipinti con una narrazione errata, superficiale o volutamente maliziosa: violenti, superficiali, persi… da una parte, padronali, approfittatori, centrati al profitto dall’altra.

 

Formazione al lavoro

Quello che quotidianamente sperimentiamo con le centinaia di aziende che si rivolgono alla nostra scuola e le centinaia di ragazzi che varcano i nostri cancelli, è che abbiamo un ruolo fondamentale nel fornire, alle une e agli altri, servizi, corsi, opportunità, conoscenze, arricchimenti reciproci (anche in termini di sicurezza e di tutoraggio) che altrove non potrebbero trovare e che, se non ci fossero, rischierebbero di rendere gli inserimenti lavorativi una esperienza avventata e una incognita pericolosa.

Senza scordare il ruolo che la “formazione al lavoro” ricopre nella cultura e nella società italiana odierna. Come ebbe a dire il nostro Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime «la nostra esperienza educativa ci dimostra come i giovani preparati al lavoro con una formazione professionale o tecnica presentino un profilo molto speciale. Di solito sono giovani, ragazzi e ragazze vicini, semplici, con un grande senso pratico, con una capacità di empatia e motivazioni per il servizio. […] Sono convinto che una Formazione Professionale, a prescindere da quale essa sia, costituisca un valore prezioso e spesso una soluzione molto adatta per il giovane e la giovane che non si sentono sufficientemente motivati per altri tipi di studio».

 

Legame sociale gratificante

Molto centrate riteniamo essere le riflessioni del professor Dario Nicoli (docente di Sociologia Economica e dell’Organizzazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore) che in uno studio realizzato per il CNOS-FAP nazionale intitolato Il lavoro buono scrive che «il lavoro non è solo un’occasione di autonomia economica, ma anche un’esperienza in grado di stabilizzare l’io distratto e schiavo dei propri capricci, e di impegnare la persona in un legame sociale riconosciuto e gratificante».

Pertanto il lavoro che “insegniamo” ai nostri giovani e che cerchiamo di far sperimentare loro con datori di lavoro attenti e responsabili, non è solo uno strumento di affrancamento dal bisogno o una opportunità di disporre di un reddito per rincorrere le sirene di una società consumistica, ma soprattutto un «legame sociale rilevante per realizzare il proprio progetto di vita, mettendo a frutto talenti e competenze in modo da fornire un contributo positivo alla società».

Come dice l’autore, anche noi ci auguriamo che questi giovani che oggi gridano il loro sincero disagio e le loro giuste preoccupazioni, sappiano trovare in queste esperienze formative, di scuola e di lavoro, dei tempi fecondi per l’anima per giungere al lavoro “buono” che meritano.

 

Rapporto scuola-impresa-territorio

Infine, penso che don Bosco non si fermerebbe ad una semplice lettura della situazione, ma proporrebbe alcuni passaggi “fattivi”, che qui desidero elencare come punti chiave per rafforzare e consolidare il rapporto scuola-impresa-territorio in questo tempo storico:

  • La formalizzazione di accordi di rete tra scuole e aziende dove si definiscono gli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della qualità dei servizi formativi a sostegno delle filiere produttive sul territorio e dell’occupazione dei giovani.
  • La co-progettazione dei percorsi formativi che impegnano congiuntamente scuola e mondo del lavoro: da una parte la possibilità di moduli formativi aziendali integrati nel piano di studi, dall’altra l’azienda come luogo di apprendimento in cui lo studente sviluppa nuove competenze, consolida quelle apprese a scuola e acquisisce la cultura del lavoro attraverso l’esperienza. È necessario aprire le porte delle aule scolastiche, far entrare nel curricolo informazioni, valori, competenze e risorse dell’extra-scuola.
  • L’impegno diretto delle aziende nell’allestimento e nell’aggiornamento dei laboratori tecnico-professionali delle scuole, per permettere una formazione sempre al passo coi tempi.
  • La costituzione del Comitato Tecnico Scientifico per un’interazione sistematica scuola–imprese tra i docenti e gli esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica. Il lavoro del CTS è fondamentale per l’utilizzo degli spazi/laboratori e la flessibilità dell’offerta formativa, la formulazione di criteri per l’individuazione di esperti del mondo del lavoro con i quali collaborare per l’arricchimento dell’offerta formativa e l’organizzazione delle aree d’indirizzo.
  • La valorizzazione del Tutor formativo e aziendale come figura strategica tra scuola e azienda. Il tutor è la figura “di confine”, la figura “ponte” tra il mondo scuola e il mondo azienda e facilita la transizione dell’allievo tra i due mondi.
  • La capacità della scuola di accompagnare il giovane nello sviluppo delle competenze trasversali apprese nel mondo aziendale valorizzando e formalizzando le occasioni di formazione on the job per far crescere anche le competenze non specifiche dei ragazzi. Prima di tutto è bene tenere a mente l’importanza che le competenze trasversali, o cosiddette soft skills, rivestono nel mercato del lavoro di oggi. Buona parte delle imprese si aspetta infatti che le persone che vengono assunte posseggano già un bagaglio sostanzioso di queste competenze. Dare la possibilità agli studenti di affacciarsi al mondo del lavoro, dopo il diploma, partendo da un livello alto di soft skills, può essere sicuramente un’arma in più per competere ed essere maggiormente occupabili.
  • La valorizzazione dell’apprendistato (apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, diploma di istruzione secondaria superiore e certificato di specializzazione tecnica superiore – apprendistato professionalizzante – contratto di apprendistato per l’alta formazione e ricerca) come elemento strutturale nel percorso formativo o forma contrattuale di inserimento in azienda di giovani neo diplomati. Valorizzare l’apprendistato significa accompagnare i giovani nel modo del lavoro, con una sorta di accoglienza educativa, formativa, teorica e pratica governata/strutturata. Un’opportunità che permetterà ai giovani dei percorsi inseriti nei percorsi formativi di sperimentarsi nel mondo del lavoro e alle imprese di conoscere questi ragazzi. E questo darà occasione di creare occupazione. La valorizzazione passa anche dalla promozione dell’apprendistato tra le aziende, presentando i possibili incentivi normativi, economici e fiscali legati a questa tipologia di contratto.
  • Lo sportello di “orientamento & lavoro” presente all’interno delle scuole (o in una scuola del territorio che crea una rete sinergica tra le varie scuole) in grado di accompagnare la transizione dello studente dalla scuola al mondo aziendale. Lo sportello è un luogo-risorsa di servizi, informazioni e consulenza rivolto a giovani e ad aziende.

    Lo sportello è importante che eroghi servizi ad hoc per il traghettamento giovanile nel mondo del lavoro:

– accoglienza e informazione per giovani diplomati e per aziende alla ricerca di personale
– consulenza individuale rivolta a giovani diplomati
– formazione orientativa per i gruppi classe
– collaborazione nelle esperienze di tirocinio e di alternanza scuola-lavoro
– realizzazione di monitoraggi e indagini sugli sbocchi lavorativi e formativi
– placement attraverso le politiche attive del lavoro

 

Sarà dalla sinergia tra scuola-azienda e territorio che nei prossimi anni vedremo crescere scuole di eccellenza che permetteranno ai giovani di transitare nel mondo adulto e del lavoro con le opportune competenze richieste: che non capiti che la soluzione del problema si cerchi riducendo un’opportunità per i nostri studenti, solo perché alcune (poche) Scuole e Aziende non fanno bene il loro lavoro.

Don Elio Cesari, SDB – Direttore Opere Sociali “Don Bosco” di Sesto San Giovanni (MI)

 

Fonte: Tempi