Sr Daniela Tognoni | I domenica di Quaresima, Rito Ambrosiano
Il brano delle tentazioni nel deserto ritorna, puntuale, all’inizio della Quaresima con la sua miniera di sollecitazioni. La pericope che la Liturgia ci offre presenta, dopo la cornice iniziale (vv. 1-2), le tre tentazioni (rispettivamente ai vv. 3-4, 5-7 e 8-10) e il loro superamento da parte di Gesù (v.11).
La tentazione si insinua nella vita e, superata, garantisce la crescita. Non è un nemico da evitare, ma un mistero con cui fare i conti sempre. In Quaresima essa diviene per i cristiani un impegno collettivo perché permette di verificarsi rispetto alla chiamata ad aderire alla vera identità di battezzati, ossia di figli nel Figlio che sanno vivere da fratelli.
“Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”
Nella prima tentazione, il diavolo fa leva sulla fame di Gesù e gli propone di procurarsi il pane con un prodigio. Questi respinge con forza la proposta del tentatore appellandosi a Dt 8,3. Letta dalla prospettiva dell’abbandono fiducioso del Figlio al Padre, la citazione “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” rivela come, a tenere in vita l’uomo non è un rapporto utilitaristico con chi soddisfa i bisogni o una forma di dominio sulle cose che le piega alla soddisfazione dei propri appetiti, ma una relazione gratuita con Dio, con il creato e le creature; perciò, veramente felice non è chi riesce a strumentalizzare Dio e il mondo per vedere realizzati i suoi desideri, quanto piuttosto chi ha un rapporto filiale con Dio e si lascia alimentare dalla sua Parola. Vivere questa filialità implica accogliere la fraternità con gli altri uomini e, lungi da ogni forma di calcolo, voracità o possesso, farsi, con Cristo, pane per i fratelli. Al contrario, respingerla, porta a instaurare relazioni opportunistiche, di interesse o addirittura di possesso. Anche ciò emerge da una lettura attenta del testo. Infatti, c’è un nesso, in ebraico, tra la parola pietra e il termine figlio. La sollecitazione alla trasformazione delle pietre in pane può anche essere letta come invito a mutare i figli in pane, ossia in qualcosa da mangiare o, addirittura da divorare. La tentazione da cui guardarsi è quella di non riconoscere se stessi come figli amati e di non vedere gli altri come fratelli altrettanto amati, ma come concorrenti da divorare ossia da annullare con voracità.
“Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”
Nella seconda tentazione, il diavolo propone a Gesù di dar prova del suo rapporto filiale con Dio gettandosi dal pinnacolo del tempio e chiedendo che il Padre mandi i suoi angeli a proteggerlo. L’esortazione può essere letta come invito alla strumentalizzazione degli altri e di Dio affinché si pieghino ai propri desideri. Per la risposta, Cristo si appella ancora alla Scrittura, in particolare a Dt 6,16. Affermando “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo” Gesù insegna che nessuno può mettere alla prova Dio né domandargli prove del suo essere Dio. Al contrario, è l’obbedienza il segno per eccellenza nella prova; qui Gesù si propone come Figlio fiduciosamente abbandonato al Padre e non pretenziosamente desideroso di dimostrazioni da parte sua o di piegare a suo vantaggio la relazione con lui e con gli altri.
“Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”
Nella terza tentazione, il diavolo offre a Gesù tutti i regni del mondo e la gloria, a condizione che accetti di adorarlo. Gesù respinge la proposta ancorandosi nuovamente alla Scrittura, in particolare a Dt 6,13. Dicendo “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto” Gesù lascia intendere di non prostrarsi al cospetto di falsi idoli e ribadisce che solo Dio merita l’adorazione e il culto. La relazione con il Padre assume una centralità e un’esclusività assoluta: è lui l’unico necessario. Chi vive da figlio nel Figlio non ha necessità di avere tanto, troppo o addirittura tutto, ma ha la consapevolezza che il Padre è il suo unico bene, da condividere con i fratelli.
All’inizio della Quaresima, questa Parola ci insegna ad attraversare i deserti della vita e ad affrontarne tentazioni e prove alla luce della Parola che fa risplendere il volto paterno di Dio e rivela la nostra identità di figli nel Figlio Gesù.
Il Padre non fa mancare ai suoi figli nulla di ciò che è necessario; questo ci sia di stimolo per vivere abbandonati alla sua provvidenza e non preoccupati di accaparrarci ricchezze, di accumulare certezze o di dimostrare potere. Quali veri figli non abbiamo necessità di provare la legittimità della nostra relazione con il Padre, ma possiamo semplicemente viverla, lasciarci amare ed esprimere, a nostra volta, a Lui e ai fratelli, il bene che vogliamo.